Domande + risposte Glottologia II

Docente Ciancaglini C.

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    Ghəi Chinəsi

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    • Cos'è il cognitivismo (/linguistica cognitiva)
    Il cognitivismo nasce negli anni ’80 con gli studi riguardanti i classificatori; prima in ambito psicologico, poi con gli studi di Lakoff e Langacker sui tratti morfologici. La linguistica cognitiva analizza le espressioni linguistiche per ricostruire i processi cognitivi alla loro base.

    • A cosa si contrappone il cognitivismo
    Il cognitivismo si contrappone al generativismo, che vedeva il linguaggio come un sistema formale, autonomo, svincolato dalle condizioni sociolinguistiche e da chi lo parla. Per i cognitivisti invece il linguaggio è una parte interattiva delle abilità cognitive della mente umana. L'approccio generativista risultò fallace proprio perché incapace di risolvere alcune dinamiche strettamente legate alla sfera cognitiva (ad esempio le metafore).

    • Cosa criticano i cognitivisti della teoria classica
    I cognitivisti criticano la rigidità su cui si basavano molti approcci (come quelli generativisti), la concezione classica, le categorie aristoteliche (classi di enti che condividono tutti lo stesso titolo, una o più proprietà, dai limiti definiti e in cui i membri hanno lo stesso status) e il fatto che non venisse tenuta in considerazione la connessione tra linguaggio e abilità cognitive. I cognitivisti, facendo notare che guardando alle classi naturali è impossibile trovare tanta precisione, introducono una nuova concezione di “categorie”: formate da un prototipo (da considerare il miglior esempio appartenente alla categoria) e da membri periferici (che condividono solo una o più caratteristiche con il prototipo).

    • Cosa criticano i cognitivisti di Saussurre
    I cognitivisti criticano il concetto di arbitrarietà linguistica di Saussurre: non c’è una motivazione che leghi il significante al significato, è un rapporto arbitrario, così come lo è il segno. Per Saussurre i segni linguistici sono soprattutto simbolici, invece per i cognitivisti ha valore l’iconicità del linguaggio.

    • Perché i linguisti generali studiano i classificatori
    - Per ridiscutere l’arbitrarietà tra segno e referente;
    - Per risolvere il problema del nesso tra categorizzazione linguistica e classificazione noetica;
    - Ridiscutere il concetto di categoria e far capire come sono strutturate;
    - L’affinità tra generi grammaticali e categorie;
    - Perché si sono chiesti come mai alcune lingue necessitano di classificatori;
    - Per capre quali tratti condividono le lingue che hanno i classificatori.

    • Tipi di classificatori esistenti e lingue in cui compaiono
    - Classificatori numerali (coreano, giapponese e cinese);
    - Classificatori generici (alcune lingue amerindie e australiane);
    - Classificatori possessivi (lingue dell’Oceania e amerindie);
    - Classificatori nominali/di genere/concordiali (lingue bantu, Swaili);
    - Classificatori verbali (lingue athabaska e amerindie).

    • Le lingue che hanno classificatori numerali
    Le lingue che hanno classificatori numerali sono lingue isolanti o debolmente agglutinanti, come il coreano, il giapponese e il cinese. Esistono tuttavia determinate eccezioni, probabilmente determinate da fattori come l'influsso di altre lingue (come l'influenza cinese sul giapponese). Generalmente sono lingue in cui non esistono particelle per la formazione del plurale (o sono facoltative), probabilmente perché non si fa distinzione tra singolare e plurale, ma tra collettiva e individuale. Il ruolo dei classificatori sarebbe proprio quello di individuare un referente collettivo.

    • In quali lingue sono presenti i classificatori di genere o nominali
    I classificatori di genere o nominali sono presenti nel Dyrbal e in molte lingue bantu come lo Swaili.
    • Classe morfologica a cui appartengono le lingue con classificatori di genere (classi nominali)
    Le lingue con i classificatori di genere sono fortemente agglutinanti e flessive (Dyrbal o Swaili). In queste lingue i classificatori sono tra i 4 e i 20, e sono morfemi grammaticali obbligatori: ossia vanno utilizzati sempre e la loro scelta è obbligatoria.

    • Differenze tra classificatori numerali e classificatori concordiali (classi nominali)
    Nelle lingue che utilizzano i classificatori numerali (isolanti o debolmente agglutinanti) non c’è opposizione tra singolare e plurale, sono numerosi, derivano da nomi e ne possono anche ricoprire la funzione, hanno semantica piena, possono essere usati per la ripresa anaforica e la loro presenza dipende anche dalla formalità del discorso.
    Invece, i classificatori concordiali si manifestano in lingue flessive o fortemente agglutinanti, con opposizione singolare/plurale, sono pochi, sono morfemi grammaticali legati e la loro scelta è fissa, hanno una base semantica opaca, non c’è ripresa anaforica e non si oppongono solo al nome, ma anche agli altri elementi della frase.

    • Come spiega Greenberg l'incompatibilità tra singolare/plurale e classificatori numerali
    Greenberg afferma che esistono delle lingue che non hanno questa opposizione. Il nome da solo ha un valore collettivo, quindi il classificatore viene aggiunto per rendere la cosa singolare o collettiva.

    • Rapporto tra i classificatori e il numero grammaticale
    A seconda della lingua (isolante o flessiva), all’assenza e alla presenza dell’opposizione singolare/plurale, la tipologia di classificatori usata è diversa. Nelle lingue isolanti (cinese, giapponese) non c’è differenza tra singolare e plurale, quindi si usano i classificatori numerali con funzione singolativa. Invece nelle lingue flessive o fortemente agglutinanti (swaili), essendoci differenza tra singolare e plurale, si usano i classificatori nominali.

    • Rapporto tra classi nominali e generi grammaticali
    Se in una lingua sono presenti fino a 3 categorie, allora si parla di generi grammaticali, se sono 4 o più si parla di classi nominali. Le classi nominali sono morfemi grammaticali legati, presenti in lingue flessive o fortemente agglutinanti (Dyrbal). Sono pochi, la loro scelta è fissa, la presenza obbligatoria, non hanno uso anaforico e hanno base semantica opaca.

    • Differenza tra qualificatori e classificatori (/per Downing)
    La differenza tra qualificatori e classificatori sembrerebbe essere la naturalezza dei concetti che esprimono: il qualificatore illustra una proprietà non naturale, ma definita dell’essere umano (metro, litro); il classificatore esprime forma o tipologia del referente. Esistono però casi in cui è difficile distinguerli. Ad esempio, il classificatore giapponese “teki” indica una quantità, ma allo stesso tempo “gocce di liquido” (presenti in natura).

    Downing, in seguito allo studio sui classificatori di default, abbandona la scala referenziale secondo la quale i qualificatori sono meno specifici dei classificatori e propone una teoria secondo cui la quantità dei qualificatori sarebbe determinata da elementi “sovraimposti” dall'uomo (come le unità di misura), mentre i classificatori indicano qualità naturali degli enti e: seguono un numerale; si accompagnano a nomi che denotano il referente; denotano caratteristiche naturali la cui scelta è dettata da caratteristiche del referente.

    • Parametri implicazionali dei classificatori e spiegazione
    I parametri implicazionali dei classificatori sono: animatezza; forma; funzione. Se una lingua ha classificatori che indicano la forma, allora avrà anche i classificatori per l’animatezza; se ha classificatori che indicano funzione, allora avrà necessariamente anche quelli per l’animatezza e per la forma.

    • Parametri semantici dei classificatori
    Per i parametri semantici dei classificatori si ha una scala implicazionale: codificano animatezza, eventualmente forma e successivamente funzione (se una lingua ha i parametri di funzione ha necessariamente anche gli altri due), questi denotano la salienza percettiva nella strutturazione dei classificatori.

    • Il ruolo della salienza percettiva (/ruolo della salienza percettiva nella struttura dei classificatori)
    La salienza percettiva è un concetto basilare del cognitivismo. Ne dimostra l’importanza è il fatto che, parlando di classificatori, i parametri di animatezza e forma sono fissati in ogni sistema. Molti fatti connessi al pensiero e al linguaggio dipendono da cosa è rilevante per la percezione umana.

    • Classificatori del Dyrbal
    Il Dyrbal, una lingua australiana studiata da Dixon per la prima volta nel 1982, ha un sistema di classificatori nominali. I classificatori del Dyrbal sono 4: bala (uomini, animali); balam (donne, pericolo, acqua, fuoco); balan (cose non commestibili); bal (tutto ciò che non si può raggruppare nei primi tre). La classificazione del Dyrbal è molto particolare, in quanto basata su una categorizzazione radiale. Secondo Dixon, infatti, la categorizzazione seguiva due principi:
    - di interazione (ad esempio gli oggetti impiegati nella pesca si trovino nella categoria, alla quale appartengono uomini e animali);
    - mito e credenza (ad esempio in balam troviamo Donne, fuoco, cose pericolose, questo perché la donna veniva associata al sole, che a sua volta si associava al fuoco e alle cose pericolose).
    Il Dyrbal si dimostra così uno degli esempi più lampanti della categorizzazione cognitiva.

    • Perché il Dyrbal viene considerato una categoria radiale
    Il Dyrbal è considerato una categoria radiale perché questo tipo di categoria ha dei confini precisi, la struttura interna varia, è connessa dalla mappatura metonimica e dal dominio esperienziale. Essendo una categoria radiale, da più di tutti gli effetti del prototipo.

    • Perché i cognitivisti parlano del pensiero di Wittgenstein
    I cognitivisti si rifanno a Wittgenstein per descrivere il concetto di categoria (in particolare le categorie scalari), trovando appoggio nel suo concetto di “gioco”, nel quale afferma che non tutti i giochi sono uguali, richiedono tutti abilità diverse ed hanno solo alcuni tratti in comune (come una famiglia). Così gli enti all’interno delle categorie hanno solo dei tratti in comune al prototipo.

    • Cosa sono le categorie radiali (/ differenza tra categoria scalare e radiale)
    Le categorie radiali sono naturali, formate da membri che non possono essere previsti dalle proprietà del prototipo e quindi sono motivabili a posteriori. La categoria naturale del soggetto è radiale perché può essere sia agente che tema. Altri esempi sono i classificatori del Dyrbal e il classificatore “hon” del giapponese.

    Le categorie scalari sono categorie con gradazione di appartenenza e danno luogo a effetti del prototipo. I membri sarebbero organizzati intorno al prototipo sulla base di somiglianze di famiglia. Secondo la Rosch queste categorie sono asimmetriche.

    • Cosa sono le classi naturali
    Le classi naturali sono classi i cui membri condividono tratti comuni, ma non tutti hanno lo stesso status. Il che genera il prototipo (l’esempio migliore) e dei membri più o meno periferici (in base a quante caratteristiche condividono con il prototipo). Downing afferma che i classificatori sono delle classi naturali.


    • Teoria del prototipo
    La teoria del prototipo fu idealizzata da Eleanor Rosch e dice che le categorie concettuali sono simmetriche, non hanno membri di uguali status. Sono presenti migliori esempi di una categoria e migliori esempi periferici, all’interno di confini definiti (ad esempio il passero è il prototipo della categoria degli uccelli, mentre lo struzzo e il pinguino sono membri periferici). Il prototipo genera la categoria e tutti gli altri sono elementi che hanno qualcosa in comune; la categoria perciò è scalare.

    • Effetti del prototipo
    Gli effetti del prototipo sono delle manifestazioni degli ICM, che si ripercuotono sulle categorie sia scalari (uccello) che classiche (numeri). Gli effetti del prototipo sono visibili sia sul piano cognitivo che sul piano linguistico (fonologico, morfologico, sintattico ecc).

    • Secondo la Rosch qual è il rapporto tra effetti del prototipo e categoria
    Il pensiero della Rosch si può rielaborare in 3 fasi:
    I) (anni ’60-70) studiava il lessico dei colori ed era arrivata alla conclusione che i prototipi delle categorie derivano da salienza percettiva, memorabilità e generalizzazione dello stimolo;
    II) (anni ’70) ritiene che gli effetti del prototipo riflettano la categoria e la sua struttura interna, i prototipi sono rappresentazioni mentali della categoria;
    III) (fine anni ’70) abbandona il concetto elaborato nella seconda fase e conclude dicendo che gli effetti del prototipo non riflettono affatto la struttura interna della categoria e non sono rappresentazioni mentali, ma effetti psicologici e superficiali che sicuramente dipendono dalla struttura interna della categoria, e non ne sono fedele rappresentazione.

    • Esempi di effetti prototipici nella morfologia
    Un esempio di effetto prototipico nella morfologia può richiamare i verbi forti dell'inglese. Bybee e Moder hanno notato che verbi come “string/strung” (oppure win, swing, fling) sono prototipici rispetto ad altri. In questi verbi la “i” viene sostituita con il suono Lambda al passato. Questi verbi mostrerebbero questi effetti prototipici:
    - iniziano per s e sono seguiti da una o due consonanti;
    - finiscono in velare nasale /n/ (ng);
    - hanno una vocale lunga e alta “I”.
    Bybee e Moder riuscirono ad applicare queste caratteristiche solo ad alcuni degli elementi da loro selezionati, giungendo alla conclusione che esistessero delle differenze fonologiche minimali tali da causare discrepanze.

    • Effetti del prototipo in fonologia
    Gli effetti del prototipo in fonologia vennero studiati soprattutto da Jaeger, secondo il quale, date diverse manifestazioni di un suono [k]h, kf, ks, appartenenti alla stessa categoria, l'elemento prototipico era il fonema [k]. Questa teoria andava però a scontrarsi con una delle maggiori problematiche del campo: il fonema non era più considerato un'entità astratta, ma almeno parzialmente concreta, poiché condivideva determinate proprietà con i membri periferici della categoria.

    • Effetti del prototipo sul lessico
    Tra gli effetti del prototipo sul lessico abbiamo l’esempio di “tall/short”: short è l’elemento marcato perché in contesti neutri si utilizzerebbe solo quello non marcato.

    • Effetti del prototipo sulla sintassi
    Considerando gli effetti del prototipo sulla sintassi, la prima categoria analizzata è quella del nome, infatti, sulla base di alcuni processi morfologici questo elemento può subire diversi processi: pronominalizzazione; pluralizzazione; modificazione da parte di un participio passivo; gapping.
    Altre categorie analizzate: soggetto, in cui è anche agente e tema; sintassi, trasformazione passiva.
    • Perché, secondo Lakoff, il soggetto prototipico sarebbe anche agente e tema
    La categoria del soggetto è prototipica su 3 piani:
    - grammaticale: desinenza, particella o accordo con il verbo
    - semantico: quando è agente (colui che compie l’azione)
    - pragmatico: quando è tema
    Per un parlante è difficile da individuare il soggetto nei casi in cui non è prototipico.
    “Mario compra il libro” – prototipico
    “In questa casa visse Leopardi” – non è prototipico

    • La teoria di Berlin e Key riguardo i nomi dei colori di base
    Con “Basic color terms”, Berlin e Kay muovono un’obiezione verso l’ipotesi Sapir-Whorf, secondo la quale il linguaggio vincolerebbe l’essere umano al punto che se qualcosa non ha un nome è irriconoscibile. I due studiosi si soffermano sul fatto che quello dei colori è uno spettro, gli organi della vista sono uguali in tutti gli esseri umani, ma i nomi dei colori variano nelle lingue in modo apparentemente arbitrario. Esistono dei punti di orientamento cognitivi dati dai nomi dei colori focali e le lingue etichetterebbero 2 o più colori in un ordine preciso, secondo uno schema nel quale sono presenti - sotto forma di scala implicazionale - 11 colori di base. Il concetto di base consiste nel fatto che i colori focali sarebbero i migliori esempi dei colori dello spettro, nonché universali.

    • Teoria dei colori focali per Berlin e Kay
    Secondo Berlin e Kay, i colori focali sono i migliori esempi della categoria dei colori primari. Però non è una teoria dalle basi solide, le documentazioni sono poche e quindi non ha grande valore scientifico. Inoltre, durante l’elaborazione della teoria, non fu tenuta in considerazione la brillantezza e la saturazione dei colori, ma solo la tonalità (la focalità dei colori dipende dalla fisiologia degli organi della vista e non dalla realtà).
    La Rosch ne fu però influenzata e, parlando del prototipo, sostenne che le lingue sono talmente diverse da avere, addirittura, un modo diverso di percepire lo spettro di un colore. Per esempio, nel Dhani, ci sono solo 2 colori, bianco e nero, questo però non significa che i suoi parlanti non conoscano anche il resto dello spettro dei colori (negando la teoria del determinismo linguistico). Per i Dhani fu facile apprendere l’esistenza di nuovi colori facendo riferimento ai colori focali, poiché sono un punto di riferimento cognitivo.

    • Perché secondo Rosch le categorie che hanno a che fare con il livello di base sono basiche
    - Percezione: esiste un’unica immagine mentale che le può rappresentare e sono più facilmente identificabili;
    - Funzione: il principio di fondo per categorizzare è, oltre che la percezione, il modo in cui si interagisce con l’ente;
    - Comunicazione: queste categorie sono definite da nomi più brevi e comuni, usati in contesti neutri che vengono appresi per primi dai bambini ed entrano per primi nel lessico di una lingua;
    - Organizzazione della conoscenza: la conoscenza è più ricca a livello base, infatti il livello di categorie al quale l’essere umano riesce a esprimere più attributi è quello del livello di base.

    • Cosa sono le categorie del livello di base nelle tassonomie popolari
    Nella tassonomia popolare le categorie del livello di base corrispondono alle categorie intermedie della gerarchia tassonomica scientifica. Il livello di base è più facile e veloce da ricordare e da dire, è il livello che i bambini imparano prima e i nomi a tale livello sono più vicini a quelli scientifici.

    • Rapporto tra classificatori numerali e sostantivi
    Tra questi esistono delle relazioni tipiche: quando un classificatore può essere utilizzato anche come nome, vi è solitamente un rapporto a livello semantico.


    • Cos'è un classificatore di default
    Un classificatore di default è un classificatore con un valore referenziale praticamente nullo. Downing notò che il classificatore “tsu” giapponese non svolgeva alcuna funzione semantica, riempiendo solo uno slot che non poteva essere lasciato vuoto. “Tsu” potrebbe quindi derivare dal cinese, da “ge” che svolge la stessa funzione. In giapponese, oltre a “tsu”, troviamo anche il classificatore di default “nin” che serve ad indicare tutti gli esseri umani.

    • Proporzione tra classificatori sino-giapponesi, indigeni e occidentali
    La Downing sostiene che il core inventory comprende 26 classificatori (22 sino-giapponesi e 4 indigeni); invece nell’extendend inventory (quelli usati meno frequentemente) sono 47: 33 sino-giapponesi; 10 indigeni; 4 occidentali.
    È chiara la predominanza dei classificatori sino-giapponesi, probabilmente a causa di esigenze grammaticali. Il sistema numerale indigeno, infatti, non è molto utilizzato, soprattutto per i numeri superiori a 10: nella formazione delle decine implica l'utilizzo di “tari” (particella che significa “più”) rendendo l'uso dei numerali indigeni meno immediato. Inoltre, nel determinare quali siano i classificatori indigeni e quali sino-giapponesi si presenta anche il problema della scrittura: l'adozione dei caratteri cinesi rende impossibile comprendere quale fosse la lettura originale e se un determinato classificatore esistesse già da prima dell'importazione degli ideogrammi.

    • Perchè i quality classifier sono più diffusi, frequenti e appresi prima dei kind classifier?
    Perché possono essere usati come referenti in assenza di un classificatore più adatto, non sono classificatori di default, ma complement classifier.

    • Quali enti sono raggruppati nella categoria “hon”
    “Hon” è un quality classifier che indica oggetti lunghi e sottili (penne, capelli, fili d'erba ecc). Tuttavia, all'interno di “hon” sono presenti dei riferimenti non tipici (televisione, traiettorie compiute dalle palle nel baseball) che non si basano sulla forma, facendola risultare una classificazione non giustificata. Attraverso studi cognitivisti, si è giunti alla conclusione che la struttura della categoria “hon" (come molte altre) è radiale, ovvero contenente elementi non direttamente collegati al concetto primario, ma dati da estensioni metaforiche o analogie con altri membri della categoria. Per questo si applica anche a: telefonate, programmi radio e tv (i cavi sono lunghi e sottili); film (impressi su lunghe pellicole); iniezioni (l’ago è lungo e sottile); i tiri delle palle negli sport (richiamandone le traiettorie).

    • Cosa vuol dire che tsu, ko, sono “complement classifier” (/oppure mai, tsu e hiki)
    I classificatori detti complement classifier possono essere usati quando non si conosce il classificatore specifico o non c’è un’alternativa più adatta. Generalmente sono impiegati nella classificazione di membri periferici di una categoria, ovvero membri le cui qualità non abbiano caratteristiche fortemente prototipiche.

    • Hiki - Ko - Tsu - Nin: perché hanno una frequenza d'uso maggiore di altri classificatori
    Perché sono usati per categorie più ampie e frequenti, e perché possono essere usati anche come complement classifier.

    • In che ordine i bambini giapponesi imparano i classificatori numerali
    Tsu, hon, mai, nin, hiki, dai, ko. Alcuni bambini però imparano prima il ko perché si usa con la numerazione sino-giapponese (più frequente).

    • I classificatori più frequenti del giapponese
    I classificatori più frequenti del giapponese sono tsu, nin, mai, hon, dai, ko, mei, satsu


    • Classificatori del giapponese approssimativamente quanti sono
    I classificatori del giapponese sono circa 59 nella loro totalità: 26 di base (22 sino-giapponesi e 4 indigeni) e 47 facenti parte dell’extended inventory (33 sino-giapponesi, 10 indigeni e 4 occidentali).

    • La teoria di Ikegami sull'origine dei classificatori giapponesi
    Nel 1940, Ikegami avanzò una teoria secondo la quale, già precedentemente all'influenza cinese, esistessero dei classificatori indigeni nel giapponese. Tesi supportata sia dall'approccio naturale che i giapponesi hanno nella scelta dei classificatori, sia da testimonianze scritte. Ammette però che il concetto di slot del classificatore è un calco morfologico dal cinese.

    • Quali sono i classificatori di default del giapponese e del cinese standard?
    I classificatori di default del giapponese sono “tsu” (per le cose in generale) e “nin” (per gli esseri umani), in cinese è “ge”.

    • Spiega la semantica di hon giapponese o tiao cinese
    Tiao è un classificatore per oggetti lunghi e flessibili, è un classificatore specifico (governato da analogia e che ha applicazione per similarità semantica), utilizzato soprattutto nel vestiario.
    Hon è usato per oggetti sottili e allungati, come penne, aghi, bottiglie e capelli, ma si estende anche ad arti marziali, judo, telefonate e così via, giustificate da mappatura metaforica e metonimica.

    • Quali sono i principali classificatori di qualità
    I classificatori di qualità indicano categorie deduttive, i referenti a cui si riferiscono condividono uno o più (comunque pochi) tratti. Questi codificano delle informazioni diverse rispetto a quelle offerte dal nome, per cui possono svolgere 2 funzioni: aggiungere informazioni; quella di complement classifier per qualsiasi referente che non ha un proprio classificatore specifico.
    Sono classificatori indipendenti dal nome e si riferiscono a tratti formali che sono universalmente salienti e quindi più stabili. I classificatori di qualità sono i più frequenti e i primi ad essere appresi.

    • Qual è lo scopo della Sanchez quando individua i taxonomy-specific classifier e quality classifier
    La Sanchez distingue due classi:
    - taxonomy-specific classifier: ossia kind classifies, applicabili solo a una lista finite di elementi, tendono a bloccarsi nell’espansione d’uso;
    - shape classifier: ossia quality classifier, presentano regolate generative che permettono molte estensioni ad altri referenti.
    Secondo Downing questo tentativo non trova sostegno, non è dimostrato né nell’intuizione dei parlandi né nel modo in cui questi classificatori vengono spiegati nei dizionari, sembra che entrambe le categorie di tutti e due i classificatori siano organizzate intorno a membri di categoria più rappresentativi.

    • Figure-ground: spiegazione e esempi
    Figure e Ground sono due concetti della psicologia cognitiva che riguardano l'esperienza umana. Data una qualsiasi immagine, siamo portati a distinguere una figure (ovvero un'entità più piccola) rispetto ad un ground (uno sfondo). Questa visione implica una gestalt data da criteri di vicinanza, somiglianza ecc. I concetti di figure e ground, portarono i cognitivisti ad individuare un trajector (parte della figure) ed un landmark (parte del ground). Questi concetti sono utili soprattutto per capire la costruzione di immagini-schema.

    • Cosa si intende con “Trajector” e “Landmark” (+ esempio)
    Prendendo in esame la frase “la bottiglia è sul tavolo”, quello che chiamiamo “allineamento figure-ground” è dato da “bottiglia” e “tavolo”. I termini trajector e landmark individuano gli stessi elementi:
    - trajector: la cosa che compie la traiettoria, anche se non si muove (figure);
    - landmark: equivale al ground. Secondo Langacker, se prendo in esame la frase “la bottiglia è sul
    Il concetto implica un’interazione tra un trajector e un landmark attraverso un percorso detto “path”.

    • Secondo Lakoff perché nelle categorie di base è importante l'interazione
    Secondo Lakoff l'interazione è fondamentale nelle categorie di base principalmente perché sono le categorie con cui l'uomo entra più in contatto e utilizza di più. Questo genera la frequenza d'uso di determinati elementi linguistici, e anche l'ordine di apprendimento dei bambini.

    • Differenza realismo oggettivista e realismo incorporato
    Il realismo oggettivista fa parte del pensiero tradizionale, secondo il quale simboli e categorie fanno parte di una realtà preesistente. Il realismo incorporato sostiene che il linguaggio e il pensiero sono strutturati dalla rappresentazione dell’esperienza umana.

    • Cosa sono le immagini-schema
    Le immagini schema sono delle strutture ricorrenti nel nostro sistema cognitivo, che riguardano soprattutto il modo in cui interagiamo con il mondo e il modo in cui lo interniamo. Queste strutture sono alla base degli ICM e raggruppano soprattutto preposizioni locative (come sopra/sotto) e sono alla base del meccanismo cognitivo, in quanto, una volta elaborate, ci permettono di spostare i concetti da un piano concreto ad uno astratto.

    • Strutture degli ICM (/cosa sono gli ICM)
    I modelli cognitivi idealizzati sono modelli intorno ai quali organizziamo tutta la nostra conoscenza e hanno come conseguenza gli effetti del prototipo. Ognuno di questi ICM è una gestalt unitaria, che applica 4 tipi di principi strutturanti:
    - struttura proposizionale (che somiglia al concetto di frame di Fillmore): ogni elemento del livello cognitivo, è una categoria concettuale;
    - struttura schema-immagine (già teorizzata da Langacker);
    - mappatura metaforica: un esempio di metafora classica è quella del condotto, un tramite tra ricevente ed emittente, usato per la comunicazione verbale;
    - mappatura metonimica: la metonimia è una figura retorica che consiste nel nominare una cosa o una persona col nome di un’altra cosa o di un’altra persona che abbia un rapporto di contiguità col primo.

    • Cosa significa che gli ICM sono incorporati
    Gli ICM (modelli cognitivi idealizzati) si ritengono incorporati perché collegati alla realtà con cui l'uomo viene a contatto (quindi dipendono dall’interazione tra essere umano e mondo). Si tratta di modelli strutturati sulla base di frames, immagini-schema, mappature metonimiche e metaforiche, caratteristiche che presuppongono una certa conoscenza del mondo, poi elaborata tramite processi cognitivi. Se il loro contenuto dipende dall’esperienza fisica o sociale, l’incorporamento fornisce un nesso che non è arbitrario tra conoscenza ed esperienza.

    • Presupposizione logica e pragmatica
    La teoria dei modelli cognitivi permette di definire la presupposizione riguardo al modello cognitivo, che può essere vero o meno. Gli esempi di presupposizione nel mondo del linguaggio sono:
    a) “mi dispiace che Harry sia partito”
    b) “non mi dispiace che Harry sia partito”
    Entrambi (a e b) presuppongono che
    c) “Harry è partito”
    Le spiegazioni tradizionali dicono che secondo la presupposizione di tipo logico (sia a che b implicano c) la struttura della frase indica il compimento di c nel mondo reale (Harry è realmente partito), ma se così fosse non sono spiegabili frasi come “Non mi dispiace che Harry sia partito infatti non è partito affatto” (si presenta una contraddizione perché la prima parte indica che Harry è partito e la seconda lo nega). Questo perché la negazione è legata a piani diversi, quindi il modello esplicativo della contraddizione logica non funziona.
    La presupposizione pragmatica non è interessata se il fatto è successo realmente o meno, ma solo che sia presupposto dal parlante. Anche questo però non spiega la frase.
    Lakoff fa una serie di esempi che servono solo a dimostrare che gli effetti del prototipo non sono dovuti alla struttura della categoria, ma agli ICM che hanno un diverso grado di adeguamento.

    • Cosa sono i modelli metonimici
    La metonimia è una figura retorica che consiste nel nominare una cosa/persona con il nome di un’altra cosa/persona con la quale ha un rapporto di contiguità. Jackobson fa riferimento alla contiguità per rimandare a due diversi tipi di afasia: una in cui si fatica a mettere insieme una frase (problema di selezione); una in cui la frase resta intatta, ma si fatica con le parole (problema di contiguità). Per Lakoff, invece, è un importante principio strutturante dei modelli cognitivi idealizzati, e vi sono vari tipi di modelli metonimici (stereotipi sociali, esempi tipici, casi ideali, paragoni, generatori, submodelli, esempi salienti), i quali hanno effetti del prototipo di vario genere.

    • Le due teorie universalistiche sulla semantica dei classificatori
    Le due categorie universalistiche sulla semantica dei classificatori sono state studiate da varie personalità e applicate al giapponese, nello specifico, da Downing.
    I) Afferma che i classificatori rappresentano categorie semantiche diverse da quelle dei nomi. Era infatti stata notata l’esistenza di categorie prime, quelle apprese prima dai bambini. Secondo alcuni, queste categorie naturali sono universali, poiché basate sulla salienza percettiva, ma per la Downing non spiegherebbero perché dovrebbero essere proprio i classificatori a rappresentare le categorie basate sui procedimenti percettivi. A tal proposito Denny dice che, alla base dei classificatori, ci sono dei criteri interazionali fisici, funzionali e sociali, che ci mostrano la differenza semantica tra nomi (oggetti del mondo) e classificatori (il modo in cui noi interagiamo con gli oggetti del mondo).
    II) I classificatori, date le loro proprietà semantiche, arricchiscono le informazioni date dai nomi. L'ipotesi fu rafforzata da molti studi, come ad esempio quello di Benton sul Turkese: in questa lingua i classificatori non servivano solo ad organizzare la realtà, ma anche ad impedire l'ampliamento del vocabolario.
    La Downing applica queste teorie al giapponese, scongiurandone l’universalità: nel caso della prima ipotesi, nel giapponese abbiamo categorie poco chiare; nel caso della seconda, i parlanti non sempre utilizzano classificatori che ampliano la semantica del nome (hiki-serpente o i classificatori di default).

    • Proprietà semantiche (/come si distribuiscono i classificatori all’interno del sistema /dove troviamo le differenze distribuzionali)
    - Frequenza e ampiezza d’uso dei classificatori;
    - Ordine di apprendimento;
    - Capacità dei classificatori di apparire anche senza un antecedente nominale;
    - Alternanza con altri classificatori.

    • Come Denny spiega la diversa semantica di nomi e classificatori
    Secondo Denny i classificatori non sono referenze, ma servono a classificare i nomi in poche classi per esprimere un tipo di semantica con salienza percettiva. Quest’interazione dell’essere umano con gli enti può essere: fisica (classificazione per forma e sostanza); funzionale (classificazione che indica a cosa serve l’ente); sociale (animato o inanimato).

    • Come giudica la Downing l'ipotesi di Denny sulla particolare semantica dei classificatori
    La Downing non accetta l'ipotesi sulla semantica dei classificatori elaborata da Denny, in particolare perché si basava su una tassonomia. Secondo la Downing sarebbe praticamente impossibile da applicare ad un sistema di classificatori numerali, poiché la differenza tra kind e quality classifier andrebbe ad impedire la correttezza del sistema stesso: ad esempio, la parola “spada” potrebbe essere collocata sia con il proprio kind classifier sia con un quality classifier che indichi la forma della lama (cosa non consentita dal sistema tassonomico).

    • La posizione di Myers riguardo l'uso dei classificatori del cinese
    Myers sostiene che l’uso dei classificatori specifici è governato dall’analogia, mentre l’uso del classificatore di default “ge” è generato da una regola. Per cui, se non si conosce il classificatore specifico, il classificatore di default lo può sostituire.

    • In che modo Myers porta avanti la sua tesi connessionista attraverso i classificatori? (/in che modo Myers inserisce il sistema dei classificatori nel dibattito dei connessionisti /parla del suo articolo)
    Myers analizza il rapporto tra regole e analogie nella selezione dei classificatori nel cinese.
    I generativisti affermano che tutto quello che fa parte della lingua si basa sulle regole che agiscono a livello di grammatica universale. I connessionisti sostengono che il linguaggio è governato dall’analogia, anche il passato dei verbi in inglese.
    Secondo Myers questa specie di modello ibrido (tra generativismo e connessionismo) vale anche non solo per i verbi inglesi (come diceva Pinker), ma anche per le lingue con poca morfologia esplicita, tipo il cinese (nei classificatori specifici si applica l’analogia e per quelli default la regola).
    Analizzando quindi solo i classificatori del cinese, “ge” è l’unico che può sostituirli tutti, ha semantica zero e nemmeno uso anaforico, quindi ci dà poca informazione semantica.

    • Posizioni del sintagma numerale+classificatore secondo Downing e Martin
    La Downing si basa sul fatto che l’insieme del sintagma composto da numerale e classificatore può stare in varie posizioni sintattiche differenti. Questo sintagma può anche essere seguito da particelle di caso. Si rifà allo studio di Martin secondo cui queste posizioni hanno dei nomi ben precisi:
    - posizione prenominale (posizione baltica);
    - appositiva (apposizione inversa);
    - sommativa appositiva (ellissi apposizionale);
    - q-fleat (avverbializzazione);
    - q-float (avverbializzazione preposta).

    • Cos'è il connessionismo
    Il connessionismo è una branca della linguistica opposta al generativismo. Ritiene che tutti gli elementi linguistici siano connessi per analogia. Per i connessionisti anche il passato “-ed” sarebbe formato per similarità e non secondo una regola. Venne inoltre utilizzato da Myers nello studio sui classificatori cinesi, nonostante non sia stato in grado di portare ad un risultato. Un altro dei suoi esponenti è Rumelhart.

    • Cosa intende Wittgenstein con "rapporti di famiglia"
    Con rapporti di famiglia, Wittgenstein intende i rapporti, basati su somiglianze, che formano una categoria. Prendendo in considerazione la teoria del concetto di gioco nelle ricerche filosofiche: se immaginiamo tutti i giochi, notiamo che non esistono tratti comuni a tutti, ognuno infatti richiede abilità diverse. Wittgenstein dice che i giochi sono connessi tra loro per somiglianze di famiglia, perché hanno tratti condivisi (sono imparentati), allo stesso tempo però sono diversi.

    • Parla dell’uso anaforico dei classificatori numerali
    Il sintagma numerale+classificatore si usa soprattutto in relazione a referenti animati e individuabili in modo diverso dagli altri tipi di anafora esplicita, per 3 motivi:
    - può essere usato a distanza intermedia dalla prima menzione esplicita del referente rispetto all’anafora zero e al nome ripetuto
    - può essere usato a distanza maggiore rispetto al pronome (soprattutto nei testi scritti)
    - ha un vantaggio stilistico sul pronome: è più neutro rispetto al problema anaforico e in lingue come il giapponese può avere uso anaforico.

    • Perché i classificatori di tipo (kind classifier) non trasportano alcuna informazione semantica aggiuntiva e invece quelli di qualità (quality classifier) sì
    Perché solo i quality classifier possono essere usati come modificatori per aggiungere un’informazione nuova, o inaspettata rispetto a quella che ci da il nome; il referente può essere usato con un altro classificatore.

    • Com’è strutturato il sistema anaforico del giapponese
    Il sistema anaforico strutturato così: solitamente o si ha l’anafora zero (quella implicita e comune) perché il giapponese è una lingua pro-drop, o si ha la ripetizione del nome, o vi è l’utilizzo del pronome, o si hanno sintagmi con il classificatore.

    • Metafora del condotto
    Metafora principale della comunicazione. Il condotto è un tramite tra ricevente ed emittente, usato per la comunicazione verbale.

    • Di cosa parla la teoria di Fauconmier
    Ogni frase ha uno spazio mentale che è la prospettiva del parlante, definito da Fauconmier “spazio base/zero”. La sua teoria serve a risolvere i problemi di frasi in cui il soggetto cambia senza che sia esplicitato, nell’ambito dell’interpretazione generativa.

    • Teoria della gestalt psicology
    Si tratta di una teoria cognitivista, la quale dice che il percipiente vede qualcosa in prominenza e qualcosa come sfondo. Questo procedimento è rilevabile a livello empirico ed è applicato a tutti gli aspetti della lingua. Il rapporto tra frase principale e subordinata viene visto come rapporto tra qualcosa di saliente messo in rilievo (principale) e lo sfondo/background sul quale essa si situa (subordinata).

    • Fuzzy sets
    I fuzzy set sono teorizzati da Zadeh nel ’59 e sono categorie con confini sfumati. Sono classi di unità comunicative con una gradazione semantica continua.

    • Teoria dei frame di Fillmore
    Secondo Fillmore esiste un frame che è una nostra rappresentazione mentale. Nella linguistica più recente si parla di rema e tema: si sceglie come soggetto nella frase un certo partecipante del frame, per motivi informativi; diamo per scontato che quando parliamo lo facciamo per comunicare (addittiva). Quindi si riesce a comunicare perché ci si basa su una conoscenza condivisa. Fillmore introduce i frame come rappresentazioni mentali stabili, quindi la scelta del verbo, della forma attiva/passiva, dipende da quale unto di vista vogliamo assumere.

    • Spiega la visione polisemista (=cognitivista) e la visione monosemista (= generativista)
    Visione polisemista e monosemista si contrappongono poiché la seconda vedeva il linguaggio come un sistema formale, autonomo, svincolato dalle condizioni sociolinguistiche e da chi lo parla (per i cognitivisti invece il linguaggio è una parte interattiva delle abilità cognitive della mente umana). Tale approccio risultò fallace, proprio perché incapace di risolvere alcune dinamiche strettamente legate alla sfera cognitiva (come ad esempio le metafore).

    • Parla delle teorie post-Lakoff
    Sono le teorie della linguistica cognitiva.

    • Esempio di modello proposizionale

    • Funzione anaforica e pragmatica
     
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