Riassunti + appunti Linguistica

Docente Keidan A.

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    Ghəi Chinəsi

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    1) CHE COS'È IL LINGUAGGIO?

    1. La linguistica, il "linguaggio" e i "linguaggi".

    La linguistica è una disciplina "descrittiva" che si occupa dello studio scientifico del linguaggio.
    La parola "linguaggio" invece ci suona più familiare. Sappiamo infatti di possedere e usare un linguaggio: il linguaggio naturale. Tutti i linguaggi sono sistemi di comunicazione, che servono a trasmettere un messaggio da un emittente ad un ricevente (il destinatario) ma non tutti i linguaggi sono uguali nella loro struttura.
    Il linguaggio naturale è differente da quello animale o del computer. Di questo si occupa la linguistica, infatti nel particolare è lo studio scientifico del linguaggio umano, che presenta caratteristiche differenti da ogni altro tipo di linguaggio esistente.

    2. Caratteristiche proprie del linguaggio umano.

    La principale caratteristica che distingue il linguaggio umano da un qualsiasi altro tipo è che questo è discreto, mentre gli altri sono continui. Questo vuol dire che il linguaggio umano ha elementi che si distinguono gli uni dagli altri per l'esistenza di limiti ben definiti (come la distinzione tra una lettera e l'altra).
    Inoltre con il linguaggio umano è possibile formare un numero altissimo di segni, cioè entità dotate di significante e significato, mediante un numero limitato di elementi (i fonemi) che non hanno significato, ma solo la capacità di distinguere significati. Caratteristica detta doppia articolazione, che non sembra essere presente in altri tipi di linguaggio. La presenza di questi segni da la possibilità al linguaggio umano di creare continuamente nuove frasi, sempre nuove.
    Un'altra differenza sta nella nostra anatomia: siamo disposti di un apparato fonatorio, diverso dagli altri esseri viventi, che ci permette di produrre suoni caratteristici del nostro linguaggio.
    Il linguaggio umano quindi è una struttura che contiene caratteristiche proprie, diverse da quelle di altri sistemi di comunicazione, uniche della specie umana.

    3. Il linguaggio e le lingue.

    Con lingua intendiamo la forma specifica che il linguaggio umano assume nelle varie comunità.
    Le lingue non possono differire oltre certi limiti, le une dalle altre, e hanno molti elementi in comune (universali linguistici) tra cui troviamo la ricorsività e la dipendenza dalla struttura. A differenziare invece le varie lingue è invece l'ordine delle parole (o degli elementi principali della frase).


    2) CHE COS'È UNA LINGUA?

    1. Parlato e scritto.

    Una lingua è, generalmente, sia scritta che parlata, ma per quanto riguarda la linguistica, importanza maggiore viene data all'espressione orale poiché:
    - esistono lingue solo parlate;
    - il bambino, quando impara una lingua, impara prima a parlare che a scrivere (in modo naturale);
    - le lingue cambiano nel corso del tempo e questi cambiamenti si riscontrano principalmente nel parlato e solo in seguito sulla scrittura.

    2. Astratto e concreto.

    Vi è un livello astratto dove una lettera che può essere realizzata in più modi differenti.
    Vi è poi un livello concreto dove c'è molta varietà a seconda del modo in cui sono posizionati gli organi della fonazione.
    Quindi la distinzione che si fa tra due suoni differenti (come /a/ ed /e/) è linguistica, ma quella che si fa tra le varie differenti pronunce di un suono ([a1] e [a2] ad esempio) no.

    Livello "astratto" → distinzione tra /a/ ed /e/
    Livello "concreto" → distinzione tra [a1], [a2], [a3]; [e1], [e2], [e3]

    Ferdinand de Saussure, pose alla base del suo Corso di linguistica generale (1961) una serie di distinzioni ancora oggi fondamentali per la definizione di lingua: la distinzione tra sincronia e diacronia, tra rapporti associativi e sintagmatici, tra significante e significato, ed infine tra langue e parole.
    La parole è un'esecuzione linguistica realizzata da un individuo (atto individuale). La "lingua" che è della collettività, sociale ed astratta, è invece la langue. La comunicazione avviene attraverso la parole, ma alla base di questi atti c'è la langue, perché è il sistema di riferimento collettivo. La parole è la realizzazione del sistema astratto che è la langue.

    Dobbiamo invece a Jakobson, la distinzione tra codice e messaggio, che si basa sulla distinzione tra un livello astratto ed un livello concreto.
    Il codice è un insieme di potenzialità ed è astratto. Un messaggio viene costruito sulla base delle unità fornite dal codice ed è un atto concreto.

    Terza distinzione tra livello astratto e concreto è stata fatta da Chomsky ed è tra competenza ed esecuzione.
    La competenza è tutto ciò che l'individuo "sa" della propria lingua per poter parlare e capire, mentre l'esecuzione è tutto ciò che l'individuo "fa". È quindi l'atto di realizzazione (concreto) e corrisponde abbastanza bene alla nozione di parole. Mentre la competenza è diversa dalla langue poiché quest'ultima è sociale e trascende l'individuo, mentre la prima è individuale ed ha sede nella mente dell'individuo.

    3. Conoscenze linguistiche di un parlante.

    La competenza non riguarda la bravura di un individuo, bensì l'insieme delle conoscenze linguistiche che un parlante ha.
    Un parlante "sa": riconoscere i suoni della sua lingua; quali combinazioni di suoni formano una determinata parola ecc.

    Un parlante ha anche una competenza relativa alle parole della propria lingua (competenza morfologica): conosce il vocabolario e sa quali parole fanno parte della propria lingua e quali no; sa formare parole nuove ed utilizza spesso questa possibilità; sa formare le forme flesse di un verbo nella sua lingua; sa formare parole complesse a partire da parole semplici; sa utilizzare suffissi "valutativi" su una parola e sa che su un altra probabilmente non potrà usare gli stessi; sa costruire composti e ne conosce le regole ecc.
    In breve, un parlante conosce le parole della propria lingua, gli aspetti della loro struttura e ne conosce i meccanismi per formare parole complesse.

    Il parlante conosce le regole della sintassi (competenza sintattica): sa poter formare vari tipi di frase; non ha difficoltà a comprendere e costruire sempre frasi nuove, senza averle mai sentite prima, molto lunghe, intuendone la grammaticalità (e non).

    Il parlante sa riconoscere il significato delle parole e delle frasi (competenza semantica); ha intuizioni sulle relazioni semantiche tra le parole (come la sinonimia) e sulle somigliante e differenze tra le parole.

    Tutte le conoscenze fanno parte della grammatica dei parlanti, intesa come un insieme di conoscenze immagazzinate nella mente; costruita da fattori innati ed esperienze acquisite, partendo dai dati linguistici primari, che sono quelli su cui un bambino si basa per iniziare a costruire la sua grammatica.

    4. Una lingua non realizza tutte le possibilità.

    Una lingua è un codice e come tale è costituito da due livelli: le unità di base e le regole che combinano le unità. Le lingue del mono non sfruttano mai tutte le possibilità né a livello di unità né a livello di regole, poiché ogni lingua fa le sue scelte.

    5. Sintagmatico e paradigmatico.

    In un atto linguistico, i suoni vengono disposti in una sequenza lineare: uno dopo l'altro. In questo modo i suoni perdono la loro individualità e diventano una "catena parlata", nella quale succede che i suoni finiscono per influenzarsi l'un l'altro.
    Il rapporto che si ha tra elementi in praesentia, vengono detti sintagmatici (differenza nella /c/ in amico/amici).
    Tutti i suoni che possono comparire in un certo contesto, intrattengono rapporti di tipo "paradigmatico" e sono in absentia.
    Paradigma: forme che si possono aggiungere (una ad esclusione dell'altra) ad una stessa base.

    6. Sincronia e diacronia.

    Le lingue possono cambiare nel corso del tempo. Lo studio del cambiamento linguistico è detto diacronico: lo studio di un fenomeno attraverso il tempo (la sostituzione di un elemento con un altro nel corso del tempo).
    Lo studio sincronico è invece quello su un rapporto tra elementi simultanei.

    7. Segno linguistico.

    Una parola è un segno; un segno è l'unione di un significato e un significante:
    - significato: forma sonora che realizziamo (o la forma grafica);
    - significante: rappresentazione mentale, un concetto.
    Il segno ha varie proprietà:
    - distintività: notte è diverso da botte;
    - linearità: si estende nel tempo (se orale) e nello spazio (se scritto);
    - arbitrarietà: non esiste legge che imponga di associare ad un unico significante un unico significato, poiché al medesimo significato possono corrispondere significanti diversi in altre lingue.
    I segni possono essere sia linguistici che non linguistici: i primi sono lineari, mentre i secondi non lo sono; la disciplina che i primi è la linguistica, mentre quella che studia i segni in generale è la semiologia (o semiotica).

    8. Le funzioni della lingua.

    Secondo Jakobson, le componenti necessarie alla comunicazione linguistica, sono sei:
    1 - il parlante
    2 - il referente (ciò di cui si parla)
    3 - il messaggio
    4 - il canale attraverso cui passa la comunicazione (di norma l'aria)
    5 - il codice
    6 - l'ascoltatore
    A ciascuna di queste componendi, Jakobson, fa corrispondere una funzione linguistica diversa:
    1 - emotiva: riguarda il parlante e si realizza quando si esprime uno stato d'animo
    2 - referenziale: funzione informativa, neutra (esempio: orario ferroviario)
    3 - poetica: si realizza quando il messaggio è costruito in modo tale da costringere l'ascoltatore a ritornare su di esso per apprezzarlo
    4 - fàtica: si realizza quando vogliamo controllare quando il canale è aperto e funziona (esempio: mi senti? ci sei?)
    5 - metalinguistica: il codice viene usato per parlare del codice spesso (esempio: grammatica)
    6 - conativa: comando o esortazione, rivolti all'ascoltatore, perché modifichi il comportamento

    9. Lingua e dialetti.

    In Italia si parla sia una lingua "ufficiale" (l'italiano) e una moltitudine di dialetti. Non esiste un italiano unico per tutto il paese: esistono gli italiani regionali, una varietà di italiano parlata in un'area corrispondente ad una delle tre principali aree geografiche dell'Italia. E si trova tra l'italiano standard e il dialetto vero e proprio:
    italiano standard
    italiano regionale
    dialetto locale

    L'italiano scritto rappresenta la forma più austera della lingua; vie è poi un un italiano parlato formalmente; il parlato informale, usato in situazioni non controllate.
    Il dialetto è a sua volta articolato in alcune varietà: dialetto di koinè, che identifica una regione dialettale; dialetto di capoluogo di provincia; dialetto di quartiere.


    3) LE LINGUE NEL MONDO

    Le lingue nel mondo sono circa settemila (senza calcolare i dialetti).
    La Linguasphere, un'organizzazione dedita allo studio delle lingue nel mondo, ha proposto un indice di classificazione che conta dieci ordini di grandezza, che vanno da 9 (più di un miliardo di parlanti) a 0 (lingue morte).

    Lingue di ordine 9 e 8 (le più parlate al mondo):
    cinese mandarino, 1 miliardo
    inglese, 1 miliardo
    hindi + urdu, 900 milioni
    spagnolo, 450 milioni
    bengali, 250 milioni
    arabo, 250 milioni
    portoghese, 200 milioni
    maleo-indonesiano, 160 milioni
    giapponese, 145 milioni
    francese, 125 milioni
    tedesco, 125 milioni
    L'Italiano è di ordine di grandezza 7, con più di 70 milioni di parlanti.

    Tutte le lingue del mondo condividono certe caratteristiche (universali linguistici) ma le relazioni tra di esse non si limitano a queste. Esistono tre differenti modalità di classificazione:
    - genealogica: quando due lingue derivano da una stessa lingua originale (o lingua madre);
    - tipologica: quando una lingua può essere correlata ad un'altra secondo determinate caratteristiche, ed auna terza per altre caratteristiche. È la classificazione più complessa e non esclude la parentela genealogica, solo che non è necessaria;
    - areale: coglie affinità tra lingue genealogicamente non correlate e che hanno sviluppato caratteristiche strutturali comuni in quanto parlate in una stessa area geografica (lega linguistica).

    1. Classificazione genealogica: le famiglie linguistiche.

    Le principali famiglie linguistiche:
    - famiglia indoeuropea;
    - famiglia afro-asiatica: comprende numerose lingue dell'Africa settentrionale (Egitto, Tunisia, Marocco) e del Medio Oriente (Libano, Siria, Iraq, Israele);
    - famiglia uralica: lingue parlate in Europa orientale, e Asia centrale e settentrionale (Repubblica russa): finlandese, estone, ungherese;
    - famiglia sino-tibetana: cinese mandarino, tibetano, lolo-birmano;
    - famiglia nigerkordofaniana: comprende lingue parlate negli stati africani a sud del Sahara: lingue bantu (swahili);
    - famiglia altaica: lingue dell'Asia centrale (mongolo, turco);
    Altre famiglie sono: quella dravidica (lingue della parte meridionale dell'India: tamil e telugu); quella sutro-asiatica (khmer e il vietnamita); quella austronesiana (makgascio, bahasa). Vi sono poi lingue "isolate" di cui non è dimostrabile la parentela, come il basco, il giapponese e il coreano.

    2. La famiglia linguistica indoeuropea.

    Nell'Ottocento fu scoperto che il sanscrito (antica lingua indiana) era imparentata con il latino e il greco, fu così coniato il termine "indoeuropeo" per indicare questo legame.
    La famiglia indoeuropea si suddivide nei seguenti gruppi e sottogruppi:
    - gruppo indo-iranico: suddiviso in due sottogruppi: indiano ed iranico. Tra le lingue indiane troviamo il sanscrito e il vedico (tra le lingue antiche) e l'hindi e l'urdu (tra quelle moderne). Il sottogruppo iranico si suddivide ulteriormente in due rami: lingue iraniche occidentali (persiano antico, avestico, persiano moderno, curdo) e lingue iraniche orientali (afgano);
    - gruppo tocarico: rappresentato da due lingue estinte "Tocarico A" e "Tocarico B";
    - gruppo anatolico: ittita;
    - gruppo armeno: rappresentato dall'armeno;
    - gruppo albanese: rappresentato dall'albanese;
    - gruppo slavo: diviso in tre sottogruppi: slavo orientale (russo, bielorusso, ucraino); slavo occidentale (polacco, ceco, slovacco); slavo meridionale (bulgaro, macedone, serbo-croato, sloveno);
    - gruppo baltico: comprende lituano e lettone, e il prussiano antico;
    - gruppo ellenico: rappresentato dal greco;
    - gruppo italico: suddiviso in due sottogruppi: italico orientale (lingue antiche come l'osco, l'umbro e il sannita) e italico occidentale (latino che ha dato poi origine alle lingue neolatine o romanze: spagnolo, francese, italiano, romeno);
    - gruppo germanico: suddiviso in tre sottogruppi: germanico orientale (gotico); germanico settentrionale (o nordico; svedese, danese, norvegese, islandese); germanico occidentale. Il germanico occidentale si divide in altri due rami: anglo-frisone (frisone e inglese); neerlando-tedesco (olandese, nedernalndese e tedesco);
    - gruppo celtico: si divide in due sottogruppi: gaelico (irlandese, gaelico di Scozia); britannico (gallese, bretone).

    3. La classificazione tipologica e sintattica.

    Due lingue sono tipologicamente correlate se manifestano una o più caratteristiche comuni, indipendentemente dalla parentela genealogica.
    Le caratteristiche vanno ricercate nella struttura delle parole, in quella dei gruppi di parole e delle frasi (tipologia morfologica e sintattica).

    I tipi morfologici riconosciuto sono:
    - isolante: caratterizzati da una mancanza quasi totale di morfologia: i nomi non hanno né caso né genere né numero; i verbi non presentano differenze di persona, numero, tempo o modo, ma la forma verbale rimane unica. Questo tipo di lingue fanno uso di un ordine ben specifico per le parole e delle particelle (cinese);
    - agglutinante: ogni parola contiene tanti affissi, quante sono le relazioni grammaticali che devono essere indicate (turco);
    - flessivo: avviene una flessione molto ricca. Una delle caratteristiche è quella di poter indicare le diverse funzioni grammaticali mediante la variazione della vocale radicale della parola (italiano, latino, greco, sanscrito e la maggior parte delle lingue indoeuropee);
    - incorporante: una sola parola può esprimere tutte le relazioni che in italiano sono espresse da un'intera frase (eschimese).

    La tipologia sintattica, invece, si basa sull'osservazione che esistono correlazioni sistematiche in tutte le lingue, tra l'ordine delle parole nella frase e in altre combinazioni sintattiche (anche detta tipologia dell'ordine delle parole).
    Le combinazioni sintattiche che vengono analizzate sono:
    - la presenza di preposizioni (Pr) o posposizioni (Po);
    - la posizione del verbo (V) rispetto al soggetto (S) e all'oggetto (O) nella frase dichiarativa. I tipi di ordini più frequenti sono: SVO, SOV, VSO;
    - l'ordine dell'aggettivo rispetto al nome (N) che esso modifica: AN (inglese, "white horse"), NA (italiano, "cavallo bianco");
    - l'ordine del complemento di specificazione o del genitivo (G) rispetto al nome (N) che esso modifica: GN (giapponese, "Taroo no ie"), NG (italiano, "la casa di Gianni").
    Queste correlazioni possono essere riassunte:
    - VSO/Pr/NG/NA: una lingua di ordine VSO, una preposizioni, colloca il genitivo dopo il nome e l'aggettivo dopo il nome;
    - SVO/Pr/NG/NA: una lingua di ordine SVO, usa preposizioni, colloca il genitivo dopo il nome e l'aggettivo dopo il nome;
    - SOV/Po/GN/AN: una lingua di ordine SOV, usa posposizioni, colloca il genitivo prima del nome e l'aggettivo prima del nome;
    - SOV/Po/GN/NA: una lingua di ordine SOV, usa posposizioni, colloca il genitivo prima del nome e l'aggettivo dopo il nome.
    Ovviamente non tutte le lingue rientrano nello schema.


    4) I SUONI DELLE LINGUE: FONETICA E FONOLOGIA

    1. Fonetica. / 2. I suoni dell'italiano.

    Fonetica articolatoria: studia la produzione dei suoni.
    Fonetica acustica: studia la natura fisica del suono e la sua propagazione.

    Il suono è prodotto, normalmente, dall'aria emessa dai polmoni, che sale lungo la trachea, attraversa la laringe dove sono le corde vocali, poi giunge alla cavità orale e da lì fuoriesce dalla bocca (e occasionalmente dal naso). Se la comunicazione tra faringe e cavità nasale è chiusa, l'aria esce solo dalla bocca e avremo suoni orali, altrimenti, se il velo palatino resta inerte, l'aria fuoriesce anche dalla cavità nasale e avremo suoni nasali.

    I suoni vengono classificati secondo:
    - il modo di articolazione: l'assetto assunto dagli organi della fonazione durante la produzione i un suono;
    - il punto di articolazione: il punto in cui viene indirizzato il flusso d'aria necessario alla produzione di un suono;
    - la sonorità: vibrazione delle corde vocali: se vibrano il suono è sonoro, se non vibrano è sordo.

    I suoni possono essere classificati in tre classi maggiori: consonanti; vocali; semiconsonanti. Tra consonanti è vocali si fa la distinzione più grande: durante la produzione delle vocali, l'aria non incontra ostacoli, inoltre queste sono generalmente sonore. Le semiconsonanti condividono proprietà sia delle vocali che delle consonanti.
    Vocali, semiconsonanti, liquide e nasali, formano la classe delle sonoranti; tutte le altre sono ostruenti.

    Diversi modi di articolazione:
    - occlusive: il suono è prodotto tramite una occlusione momentanea dell'aria a cui segue una "esplosione";
    - fricative: l'aria passa attraverso una fessura stretta, producendo una "frizione"; sono suoni che si possono prolungare nel tempo;
    - affricate: iniziano con un'articolazione di tipo occlusivo e terminano con un'articolazione fricativa;
    - nasali: il velo palatino si posiziona in modo da lasciar passare l'aria attraverso la cavità nasale;
    - laterali: la lingua si posiziona contro i denti e l'aria fuoriesce dai lati della lingua;
    - approssimanti: gli organi articolatori vengono avvicinati, ma senza contatto.

    Punti di articolazione:
    - bilabiali: il suono è prodotto tramite l'occlusione causata dalla chiusura delle labbra;
    - labiodentali: il suono deve attraversare una fessura che si forma appoggiando gli incisivi superiori al labbro inferiore;
    - dentali: la parte anteriore della lingua tocca la parte interna degli incisivi;
    - alveolari: la lingua tocca o si avvicina agli alveoli;
    - palato-alveolari: la lingua di avvicina agli alveoli ed ha il corpo arcuato;
    - palatali: la lingua si avvicina al palato;
    - velari: la lingua tocca il velo palatino.

    Le vocali si classificano a seconda dell'altezza della lingua, del suo avanzamento o arretramento, arrotondamento o meno delle labbra, e dal fatto che questi movimenti siano compiuti in tensione o rilassamento.

    Le consonanti possono combinarsi insieme e formare dei nessi consonantici. Questa formazione non è libera: possono esserci combinazioni possibili in posizione iniziale di parola e/o interna (possono avverarsi entrambe o solamente una delle due).
    La combinazione di vocali e approssimanti in una medesima sillaba, da luogo ai dittonghi: ascendenti con approssimante seguita da vocale accentata, o discendenti con vocale accentata seguita da un'altra vocale.
    "Miei" è invece un trittongo.
    Le combinazioni di due vocali appartenenti a sillabe diverse sono dette iato.

    3. Suoni e grafia. / 4. Trascrizione fonetica.

    Un sistema è coerente quando ad un suono corrisponde un segno e viceversa.

    Nelle trascrizioni è importante indicare i vari tipi di confine:
    - quello di sillaba: rappresentato con il simbolo (.), (ve.lo.ce.men.te);
    - quello di morfema: rappresentato con il simbolo (+), (veloce+mente);
    - quello di parola: rappresentato con il simbolo (#), (#velocemente#).

    5. Fonetica e fonologia.

    La fonetica si occupa dell'aspetto fisico dei suoni (o "foni"), la fonologia invece della funzione linguistica dei suoni. L'unità di studio è quindi il fono (per la fonetica) e il fonema (per la fonologia).

    La fonologia cerca di scoprire:
    1 - quali sono i fonemi di una data lingua, se ad una differenza di suono corrisponde una differenza di significato;
    2 - come i suoni di combinano insieme;
    3 - come i suoni si modificano in combinazione.

    1 - si affronta ricorrendo alla nozione di distribuzione e alla nozione di coppie minime.
    2 e 3 - vengono descritti dalle "regole fonologiche".

    Nozione di contesto: un suono ha una sua distribuzione, cioè alcuni tipi di contesti (o posizioni) in cui può comparire. Lo stesso suono non può comparire però in altri contesti e classi di suono simili, hanno distribuzioni simili.

    Tra i suoni che l'apparato fonatorio può produrre, ogni lingua ne sceglie un certo numero che usa nel linguaggio articolato: i foni. Questi hanno valore linguistico quando sono distintivi, cioè contribuiscono a differenziare dei significati.
    Coppie minime: coppie di parole che si differenziano solo per un suono nella stessa posizione.
    Due foni che hanno valore distintivo sono detti fonemi.
    Un fonema non "ha" significato, ma contribuisce a differenziare dei significati. È un segmento fonico che: ha una funzione distintiva; non può essere scomposto in una successione di segmenti; è definito solo dai caratteri che abbiano valore distintivo. È un'unità formata da foni e si colloca ad un livello astratto (di langue), mentre i foni si collocano ad un livello concreto (dunque di parole).
    I suoni intercambiabili sono quelli che possono apparire nel medesimo contesto, mentre quelli non intercambiabili sono quelli che non possono farlo. (/p/ e /b/ sono intercambiabili: pare e bare.)

    Per stabilire se due foni abbiano valore distintivo e siano quindi fonemi di una determinata lingua, Trubeckoj ha proposto una serie di regole:
    - prima regola: "quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e non possono essere scambiati fra loro senza con ciò mutare il significato delle parole o renderle irriconoscibili, allora questi due suoni sono realizzazioni fonetiche di due diversi fonemi".
    - seconda regola: "quando due suoni della stessa lingua compaiono nelle medesime posizioni e si possono scambiare fra loro senza causare variazioni di significato della parola, questi due suoni sono soltanto varianti fonetiche facoltative, o libere, di un unico fonema".
    - terza regola: "quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista articolatorio, non ricorrono mai nelle stesse posizioni, essi sono due varianti combinatorie dello stesso fonema".

    La linguistica statunitense ha usato invece nozioni di distribuzione contrastiva e complementare: quando due foni possono comparire nello stesso contesto e si ottengono due parole di senso diverso, sono in distribuzione contrastiva (realizzazioni di due diversi fonemi); se due foni non possono mai ricorrere nello stesso contesto, ma il fono X ricorre in una certa serie di contesti ed Y in un'altra allora sono allofoni.
    Gli allofoni sono prevedibili perché legati ad un determinato contesto.
    Se due suoni foneticamente simili si possono trovare nello stesso contesto: o danno luogo a due parole con significato diverso o il significato non cambia. Nel secondo caso sono varianti libere.

    6. Tratti distintivi.

    Binarismo: (Jakobson) ogni elemento linguistico si differenzia dagli altri per una serie di scelte binarie. Ogni fonema può essere analizzato in un insieme di tratti distintivi che definiscono quel fonema in opposizione a tutti gli altri.
    Il segno "+" indica che il fonema ha quel determinato tratto, mentre il "-" indica che non ce l'ha.

    [sillabico]: fonemi che possono/non possono fungere da nucleo sillabico. Le consonanti sono [- sillabico], le vocali [+ sillabico].
    [consonantico]: fonemi la cui realizzazione implica un'ostruzione dell'aria.
    [sonorante]: fonemi per la produzione dei quali l'aria fuoriesce dall'apparato vocale piuttosto liberamente e sono le vocali, le semiconsonanti, le liquide e le nasali. Le ostruenti sono [- sonorante].
    [sonoro]: suoni prodotti con vibrazione delle corde vocali.
    [continuo]: suoni la cui articolazione può essere protratta nel tempo.
    [nasale]: suoni prodotti con il velo palatino abbassato.
    [stridente]: suoni la cui produzione comporta una frizione dovuta all'attrito del flusso d'aria.
    [laterale]: il flusso d'aria supera l'ostacolo (lingua) dai lati.
    [anteriore]: suoni prodotti con un'ostruzione situata nella regione alveolare. Labiali, dentali ecc. [+ anteriore]; postalveolari, palatali, velari [- anteriore].
    [rilascio ritardato]: suoni che iniziano con un'articolazione occlusiva e terminano con una fricativa.
    [coronale]: suoni prodotti con la parte anteriore della lingua sollevata.
    [arrotondato]: suoni prodotti con arrotondamento delle labbra.
    [alto]: suoni prodotti con la lingua in posizione più alta rispetto a quella di riposo.
    [basso]: suoni prodotti con la lingua in posizione più bassa rispetto a quella di riposo.
    [arretrato]: suoni prodotti con il corpo della lingua arretrato rispetto alla posizione di riposo.

    9. La sillaba.

    Una definizione fonetica della sillaba è che: rappresenta un'unità prosodica costituita da uno o foni agglomerati intorno a un picco d'intensità.
    La sillaba minima è costituita da una vocale: il nucleo sillabico. Il nucleo può essere preceduto da un attacco e seguito da una coda.
    Nucleo più coda: rima.
    Il tipo di sillaba più diffuso è quella costituita da un attacco sillabico e un nucleo vocalico (consonante + vocale = CV).
    L'attacco può essere costituito da una o più consonanti. Il nucleo può essere costituito da un dittongo.
    La sillaba è aperta (o libera) se priva di coda e termina in vocale, altrimenti è chiusa.
    In alcune lingue il nucleo più essere costituito da sonoranti, ma questo rimane un componente obbligatoriamente presente.

    11. Fatti soprasegmentali.

    La fonologia basata sui segmenti è di tipo segmentale. Vi sono però fenomeni fonologici che non possono essere attribuiti ad un segmento, detti soprasegmentali, di cui consideriamo lunghezza, accento, intonazione e tono.

    La lunghezza è relativa alla durata temporale con cui vengono realizzati i suoni. Non tutti i suoni hanno la stessa durata.
    In italiano la lunghezza vocalica non è distintiva, mentre quella consonantica sì.

    L'accento è una proprietà delle sillabe e non di singoli segmenti. Una sillaba tonica è più prominente di una atona, perché realizzata con maggiore forza.
    L'accento può essere considerato come un "fonema", anche se di tipo speciale, poiché è un fenomeno soprasegmentale. In italiano non è prevedibile su basi fonologiche, perché non vi è una regola per prevederlo.
    Vi sono lingue che hanno accento fisso e lingue che lo hanno non fisso. In quelle con accento non fisso, questo può avere funzione distintiva.
    Una parola può avere più di un accento, distinti in: primario e secondario, e vengono marcati diversamente (in apice il primario e in pedice il secondario).

    L'intonazione è l'altezza dei suoni. Questa non è uniforme: ci sono picchi e avvallamenti, che producono un effetto percettivo melodico.
    L'intonazione ha grande rilevanza sintattica, dandoci di distingue i vari tipi di frase quando pronunciate (es: la dichiarativa è diversa dall'interrogativa).
    La punteggiatura offre un sussidio limitato per decifrare le curve melodiche degli enunciati.

    Una sillaba può essere pronunciata con altezze di tono diverse. In italiano differenti pronunce non corrispondono ad un cambiamento di significato, ma nelle lingue tonali (come il cinese), la stessa sillaba realizzata in toni diversi, corrisponde ad un significato diverso.


    5) LA STRUTTURA DELLE PAROLE: MORFOLOGIA

    Morfologia: studio delle parole.
    Le parole possono essere semplici o complesse; derivate (prefissate o suffissate) e composte; flesse.
    Una parola semplice non ha struttura interna, mentre parole complesse la hanno.
    La morfologia inoltre cerca di dar conto di tutte le conoscenze che un parlante ha delle parole della propria lingua.

    1. La nozione di parola.

    Le parole sono unità del linguaggio umano, istintivamente presenti alla consapevolezza dei parlanti.
    Un primo problema, nel definire una parola è che: ciò che conta come "parola" in una lingua, non è detto che valga anche per altre lingue.
    La parola potrebbe essere ciò che è compreso tra due spazi bianchi, ma può funzionare solo per lingue dotate di scrittura e non per lingue che ne sono sprovviste, e non tutte sono unità della lingua che possono essere usate da sole.
    È quindi impossibile dare una definizione.
    La si può comunque considerare un'unità che non può essere interrotta e al cui interno non si può inserire altro materiale linguistico.

    Lemma: rappresenta tutte le forme flesse che un verbo può avere, che in italiano coincide con l'infinito del verbo.
    Se ad un verbo regolare si toglie la desinenza flessiva, resta il tema del verbo. Questo non è altro che la radice del verbo più una vocale tematica (che in italiano sono a, e ed i).
    (es: amare (verbo regolare) → ama-re (-desinenza flessiva) → ama (tema) → am-a (-vocale tematica) → am(radice))
    La forma di citazione del nome è il maschile/femminile singolare; dell'aggettivo è sempre il maschile singolare (o maschile/femminile per gli aggettivi a due uscite).

    2. Classi di parole.

    Le parole di una lingua sono state raggruppate in classi o parti del discorso (categorie lessicali): nome; verbo; aggettivo; pronome; articolo; preposizione; avverbio; congiunzione; interiezione.
    Alcune di queste assumono delle desinenze diverse a seconda delle altre parole con cui si combinano.
    Nomi, verbi, aggettivi, articoli e pronomi sono parti del discorso variabili; le altre parti sono invariabili.
    Le classi di parole possono anche essere:
    - aperte: a cui si possono sempre aggiungere nuovi membri (nomi, verbi, aggettivi e avverbi);
    - chiuse: formate da un numero finito di membri, che non può essere aumentato (articoli, pronomi, preposizioni e congiunzioni).
    Non esistono, però, parti del discorso universali, cioè presenti in tutte le lingue: nome e verbo probabilmente lo sono.

    Un parlate "sa" riconoscere le parole e le loro differenti proprietà.
    Il nome ha dei tratti che lo suddividono in sottocategorie:
    [±umano]: è/non è un nome di "persona";
    [-comune]: nome "proprio";
    [-astratto]: nome "concreto";
    [±numerabile]: nomi che possono essere contati o no (con o senza plurale).
    I verbi possono essere sottocategorizzati in: transitici/intransitivi; regolari/irregolari; con costruzione progressiva e "stativi".

    3. Morfema.

    Morfema: la più piccola parte di una lingua, dotata di significato. È un segno linguistico ed è quindi costituito da un significante e un significato. Possono essere lessicali e grammaticali: morfemi lessicali hanno un significato non dipende dal contesto, mentre i morfemi grammaticali ricevono un significato dal contesto in cui appaiono.
    I morfemi possono essere:
    - liberi: possono ricorrere da soli in una frase (in italiano: di, voi, che…);
    - legati: non possono ricorrere da soli in una frase e per poterlo fare si devono aggiungere ad altre unità (in italiano: il maschile e femminile, il plurale, le desinenze dei verbi, i suffissi e i prefissi).
    Le parole composte da due morfemi, sono bimorfemiche, ma una parola complessa può essere trimorfemica ed oltre.

    Il termine morfema designa un'unità astratta che è rappresentata a livello concreto da un allomorfo.
    Generalmente un morfema è rappresentato da un solo allomorfo, quando ve ne sono di più si chiama allomorfia.
    fonologia morfologia
    livello astratto fonema morfema
    livello concreto allofoni allomorfi

    4. Flessione, derivazione e composizione.

    Le parole semplici possono subire diverse modificazioni, tra i quali troviamo processi morfologici come:
    - la derivazione, che raggruppa tre diversi processi e una forma legata (affisso) ad una forma libera: se l'affisso si aggiunge a sinistra della parola sarà un prefisso; se si aggiunge a destra, un suffisso; se si aggiunge nel mezzo, si tratterà di infissazione;
    - la composizione forma parole nuove a partire da due già esistenti (capo + stazione = capostazione);
    - la flessione aggiunge alla parola di base informazioni relative a genere, numero, caso, tempo, modo, diatesi e persona.

    5. Morfologia come "processo".

    Una categoria lessicale, come il verbo, può o nascere come tale o diventarci attraverso vari processi. Questa viene detta formazione "dinamica".
    V
    V → V
    N → V
    A → V
    V → N → V
    N → N → V
    A → N → V
    N → A → V
    La combinazione di categorie uguali, non da sempre come risultato la stessa categoria di partenza.
    N + N → N
    A + A → A
    V + V → N
    Composizione e derivazione si differenziano perché:
    - la prima combina due forme libere;
    - la seconda combina una forma libera ed una forma legata.
    Prefissazione suffissazione, inoltre, si differenziano perché: la prefissazione non cambia la categoria lessicale della parola a cui si aggiunge, mentre la suffissazione sì; in italiano, inoltre, la suffissazione cambia la posizione dell'accento della parola di base, mentre la prefissazione no.

    6. La flessione.

    La flessione è una delle variazioni morfologiche più comuni, e con "forme flesse", vengono intese le forme che esprimono anche uno o più significati grammaticali. Questa forma è realizzata tramite morfemi legati che si aggiungono a basi che necessitano marche grammaticali. Le informazioni grammaticali (morfosintattiche) danno istruzioni importanti sia per la morfologia che per la sintassi e sono distinte in diverse categorie: come il numero, il genere, il caso, il modo, il tempo, l'aspetto ecc.
    I tratti morfosintattici sono invece i valori che ogni categoria può assumere: ad esempio la -o è una categoria morfosintattica "numero" del nome, ha due possibili tratti (plurale e singolare, dove in questo caso esprime il secondo tratto).
    I tratti che, le categorie morfosintattiche, possono assumere sono due:
    - inerenti: tratti che sono insiti nella parola (come il maschile e il femminile che non cambiano in base al contesto);
    - contestuali: tratti legati al contesto in cui si trova la parola (l'accordo di genere e il numero negli aggettivi).

    7. Derivazione.

    Non tutti i prefissi sono ugualmente produttivi: alcune forme sono più produttive di altre. Spesso questa produttività è legata a linguaggi settoriali (come medicina e chimica) e spesso costruzioni apparentemente possibili o non sono produttive o hanno struttura interna diversa da quella richiesta.

    Nelle lingue indoeuropee l'infissazione è un fenomeno marginale.
    In italiano, sono rari i casi (es: mangi-ucchi-are) che possono essere considerati tali (-ucchi-).

    8. Altri processi.

    Possono essere:
    - la conversione: consiste in un cambiamento di categoria senza che sia stato aggiunto alla base un affisso manifesto (vecchio → il vecchio);
    - la reduplicazione: raddoppiamento di un segmento e può essere parziale o totale, può riguardare sia la flessione che la derivazione;
    - la parasintesi: una forma è tale quando formata da una base più un prefisso ed un suffisso, in cui però la sequenza "prefisso + base" e "base + suffisso" di loro non sono parole dell'italiano (ingiallire → in-giallo-ire; ingiallo e giallire non sono parole); può essere sia verbale che aggettivale.

    9. Allomorfia e suppletivismo.

    Si ha suppletivismo quando in una serie morfologicamente omogenea, si trovano radicali diversi che intrattengono rapporti semantici senza rapporti formali (vado, andiamo). Si ritrova in tutti il dominio della formazione delle parole.
    Le due unità formano un'entrata lessicale complessa e i suffissi che vi si possono aggiungere sono in distribuzione complementare. Un'entrata complessa può arrivare a comprendere diverse unità.
    Il suppletivismo è forte quando vi è alternanza dell'intera radice (Chieti → teatino) ed è debole quando tra i membri vi è una base comune riconoscibile (Arezzo → aretino).
    Il suppletivismo (alternanza senza motivazioni fonologiche) rappresenta dunque il polo estremo dell'allomorfia (alternanza fonologicamente motivata).

    10. Testa in derivazione.

    Due costituenti, per formare un costruzione linguistica più complessa, non sono sullo stesso piano: uno è più importante (testa) dell'altro ed è questo che attribuisce a tutta la costruzione la categoria lessicale e altre proprietà (meccanismo detto percolazione).

    11. Composizione.

    La composizione consiste nell'unione di due forme libere.
    Possono combinare diverse categorie lessicali, ma l'uscita è di norma un nome:
    N + N →N
    A + N → N
    V + N → N
    P + N → N
    V + P → N
    V + V → N
    Le uniche eccezioni riguardano il caso in cui sono coinvolti due aggettivi, o l'aggettivo è un colore: A + A → A; A + N → A.
    Il composto ha la stessa categoria lessicale di uno dei suoi costituenti: se la testa è N, il composto avrà la stessa categoria.
    Un costituente è testa di un composto quando, tra tale costituente e tutto il composto, vi è identità sia di categoria che di tratti sintattico-semantici (deve essere sia testa categoriale che semantica). In alcune lingue questa è identificabile posizionalmente.
    I costituenti dei composti sono uniti da una relazione grammaticale non esplicita.
    Un composto è formato da Parola1 + Parola2 e la flessione dei nomi composti può avvenire:
    [P1 + P2] + Fless: flessione alla fine del composto;
    [P1 + Fless] + P2: flessione dopo la prima parola del composto
    [P1 + Fless] + [P2 + Fless]: flessione dopo entrambe le parole
    P1 + P2: senza flessione
    P1 + [P2 + Fless]: flessione di Parola2
    [P1 (non testa) + Fless] + P2: flessione di Parola1

    Composti neoclassici: formati da due forme legate di origine greca o latina, o da una forma libera più una forma legata (antro+fago; dieta+log → dietologo).

    Composti incorporati: derivano da un sintagma costituito da un verbo seguito da un SN oggetto.

    Composti sintagmatici: sembra di origine sintattica piuttosto che morfologica (an [ate too much] headache).

    Composti reduplicati: costituiti dalla stessa parola ripetuta ed hanno in genere un significato intensivo o iterativo.

    Composti troncati: formati per troncamento o del primo costituente o di entrambi.

    12. Morfologia e altri componenti.

    Quando le regole morfologiche combinano due forme libere o una forma libera più una forma legata, la sequenza che ne risulta può essere normale o può necessitare di piccoli riaggiustamenti fonologici (bar+ista → barista; vino+aio → vinaio).

    Per distinguere tra un composto e un sintagma si guarda all'inservibilità di materiale lessicale e alla trasparenza ai processi sintattici.
    Un composto è una parola caratterizzata dal fatto che non è interrompibile, non vi si può inserire nulla; inoltre non sono "visibile" alle normali regole della sintassi.

    I processi di formazione di parola hanno una diretta relazione con la semantica: gli affissi portano con se la loro parte di significato che va ad unirsi in una funzione con il significato della parola di base. Allo stesso modo, la semantica, entra in composizione, giacché le singole semantiche dei due costituenti si formano per dare luogo al significato della forma di uscita.
    La semantica di una parola complessa è trasparente o composizionale: il significato della parola complessa si può ricavare dal significato degli elementi componenti. Quindi gli affissi si possono unire solo a certe basi a seconda del significato di base.


    7) LA COMBINAZIONE DELLE PAROLE: SINTASSI

    Una lingua non è fatta soltanto di parole isolate, ma anche di combinazioni di queste parole e non tutte le combinazioni sono grammaticalmente possibili. Queste possono essere ben formate oppure no, indipendentemente dal senso delle parole stesse. Si parla quindi di sintassi.

    1. La valenza.

    Determinati verbi devono essere accompagnati da un determinato numero di altre parole, e questo non è uguale per tutti i verbi, questo per far si che la frase sia ben formata: hanno dunque una valenza, che può essere bivalente e monovalente.
    Gli argomenti richiesti dai verbi sono detti argomenti.
    Verbi avalenti: non sono accompagnati da alcun argomento (Piove).
    Verbi monovalenti: verbi intransitivi (Io parlo).
    Verbi bivalenti: verbi transitivi (La polizia ha catturato il ladro).
    Verbi trivalenti: verbi "di dire" e "di dare" (Il professore ha detto hai ragazzi di fare silenzio).
    Gli elementi facoltativi sono detti circostanziali e si distinguono dagli argomenti per la loro maggiore mobilità posizionale.

    2. Gruppi di parole.

    I gruppi di parole (o sintagma) si riconoscono poiché tutte le parole che fanno parte di uno stesso gruppo, si spostano insieme all'interno della frase. Oppure poiché, dato uno contesto opportuno, le parole che formano un gruppo, possono essere pronunciate da sole (enunciabilità in isolamento). Ma non tutte le parole di qualunque classe sono intercambiabili l'una con l'altra (coordinabilità).
    I sintagmi sono i costituenti della frase. Essi possono essere costituiti da altri sintagmi, fino alle singole parole, che sono i costituenti ultimi della sintassi. Possono essere sia semplici (costituiti solo dalla testa) che complessi.

    4. Soggetto e predicato.

    La definizione più diffusa di soggetto è: "la persona o la cosa che fa l'azione o che la subisce". Ponendolo a livello semantico.
    Un'altra definizione, dal punto di vista comunicativo, è: "il soggetto indica la persona o la cosa di cui parla il predicato".
    Ma più precisamente, forse, è: "quell'argomento che ha obbligatoriamente la stessa persona e lo stesso numero di verbo". Lo individua come entità sintattica.

    A livello sintattico, il soggetto è l'argomento che ha obbligatoriamente la stessa persona e lo stesso numero del verbo.
    A livello semantico, invece di soggetto parleremo di agente e invece di predicato di azione. Oppure se non è espressa un'azione di esperiente e stato.
    A livello comunicativo, useremo tema e rema.


    9) SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA

    1. Linguistica teorica e sociolinguistica.

    La linguistica teorica si basa su "idealizzazioni", ed ha come oggetto principale di studio il linguaggio umano come "capacità".
    La sociolinguistica invece tende a tenere conto di dati più vicini alle varie situazioni comunicative, ed ha come oggetto principale di studio l'uso effettivo della lingua.

    La linguistica teorica pone al centro della propria indagine il "parlante nativo idealizzato": un parlante con perfetta competenza, che non fa errori e si trova in una comunità linguistica altrettanto idealizzata.
    A differenza, la sociolinguistica, sostiene che: il parlante "reale" fa errori e la sua comunità linguistica è stratificata (linguisticamente come socialmente) e non omogenea.

    2. Sociolinguistica.

    La sociolinguistica nasce dall'ipotesi che la variazione libera non esiste, perché tutte le volte che esistono due modi diversi di dire una cosa, vuol dire che vi è una "scelta" e che essa è correlata a fattori sociali. Non riguarda solo la fonologia, ma tutti i livelli linguistici.

    Comunità linguistica: è l'insieme di tutte le persone che parlano una determinata lingua o varietà linguistica e ne condividono le norme d'uso.

    Repertorio linguistico: è l'insieme dei codici e delle varietà che un parlante è in grado di padroneggiare all'interno del repertorio linguistico più ampio della comunità cui appartiene. Classi sociali diversi hanno repertori diversi. Un parlante più possedere più varietà e può passare da una all'altra (code switching).

    Competenza comunicativa: riguarda la capacità che i parlanti hanno di utilizzare la lingua nei modi che sono appropriati alla varie situazioni. Non è un fatto "sociale" (di langue) ma individuale; non riguarda le conoscenze delle strutture linguistiche, ma l'appropriatezza del loro uso nelle situazioni comunicative.

    3. Sociologia del linguaggio.

    La sociologia del linguaggio si occupa di problemi riguardanti soprattutto la società (come la pianificazione linguistica, strategia politica linguistica, riforme ortografiche, la morte delle lingue ecc.) definendosi come "lo studio della società in rapporto con la lingua".

    4. Etnografia della comunicazione.

    L'etnografia della comunicazione è una "sottodisciplina" della sociolinguistica e si occupa di un particolare tipo di relazione tra linguaggio e società. Il linguaggio viene considerato come uno dei sistemi simbolici di una società ed anche come strumento di trasmissione e mantenimento degli schemi sociali. Alla base di questo vi è l'ipotesi che l'interazione verbale sia principale fonte di trasmissione degli schemi culturale e pertanto studia l'uso del linguaggio nelle interazioni verbali della vita quotidiana.



    Terminologia

    Linguistica: lo studio scientifico del linguaggio umano.

    Linguaggio naturale: (o anche linguaggio umano) il sistema di comunicazione proprio dell'essere umano, diverso da quello animale o dei computer.
    Il linguaggio umano si distingue dagli altri poiché:
    Discreto (mentre gli altri sono continui): i suoi elementi si distinguono gli uni dagli altri.
    E' dotato di doppia articolazione: in grado di formare un alto numero di segni mediante un numero limitato di elementi, privi di significato, ma hanno la capacità di distinguere significati.
    Dotato di un inventario di segni.

    Ricorsività: meccanismo caratteristico del linguaggio naturale, che permette di costruire frasi sempre nuove, inserendo in una frase data, un'altra frase.

    Universali linguistici: elementi comuni a tutte le lingue del Mondo, come ad esempio la ricorsività e la dipendenza dalla struttura.

    Langue e parole:
    Parole: atto individuale; è l'esecuzione linguistica realizzata da un individuo.
    Langue: sociale ed astratta; è il sistema linguistico della collettività.
    Gli esseri umani comunicano attraverso l'atto della parole, ma alla base di questo vi è la langue. La parole è l'attuazione della langue.
    Distinzione effettata da Saussure.

    Codice e messaggio:
    Codice: astratto; insieme di potenzialità.
    Messaggio: atto concreto; viene costruito sulla base delle unità fornite dal codice.
    Distinzione effettuata da Jakobson.

    Competenza ed esecuzione:
    Competenza: astratto; ciò che l'individuo sa della propria lingua (competenze linguistiche); è individuale ed ha sede nella mente dell'individuo (a differenza della langue che è sociale e trascende l'individuo).
    Esecuzione: concreto; ciò che l'individuo fa per poter parlare.
    Distinzione effettuata da Chomsky.

    Saussure | Jakobson | Chomsky
    livello astratto langue | codice | competenza
    livello concreto parole | messaggio | esecuzione

    Competenza fonologica: un parlante sa riconoscere i suoni della propria lingua.

    Competenza morfologica: la competenza di un parlante a proposito delle parole della propria lingua (sa riconoscere quali appartengono alla propria lingua; sa formare parole nuove e/o complesse; sa usare suffissi, prefissi e infissi ecc).

    Competenza sintattica: la competenza di un parlante riguardo la sintassi della sua lingua (sa formare vari tipi di frase; sa capire e costruire nuove frasi senza averle mai sentite o dalla struttura molto lunga ecc).

    Competenza semantica: la competenza del parlante riguardo il significato delle parole e delle frasi relative alla sua lingua (ha intuizioni sulle somiglianze e le differenze; conosce i rapporti tra le parole; ne distingue le ambiguità ecc).

    Rapporti sintagmatici: rapporti i suoni durante un atto linguistico; elementi in praesentia (co-presenti).

    Paradigma: tutti i suoni che possono comparire in un certo contesto hanno rapporti "paradigmatici" (o di tipo associativo); rapporti in absentia; forme che si possono aggiungere ad una stessa base.

    Diacronia: studio del cambiamento linguistico attraverso il tempo; è la sostituzione di un elemento con un altro nel corso del tempo.

    Sincronia: lo studio sincronico avviene escludendo il fattore temporale; è il rapporto tra elementi simultanei.

    Significante e significato: il significante è la forma sonora che realizzano, mentre il significato è la rappresentazione di tale significante.

    Segno linguistico: la parola è un segno; il segno è l'unione tra significante e significato. Ha varie proprietà:
    Distintività: distinzione tra due o più segni (notte e botte).
    Linearità: estensione temporale (se orale) e spaziale del segno (se scritto).
    Arbitrarietà: l'associazione del significante al significato non segue alcuna legge. Allo stesso significato possono corrispondere diversi significanti (in lingue diverse, sinonimi).
    Il segno può essere sia linguistico (lineare) che non linguistico (non lineare).

    Funzioni della lingua: secondo Jakobson l'atto di comunicazione linguistica ha delle componenti necessarie e, ognuno di questi, ha una funzione linguistica diversa:
    1. parlante - emotiva
    2. referente - referenziale
    3. messaggio - poetica
    4. canale - fàtica
    5. codice - metalinguistica
    6. ascoltatore - conativa

    Lingua originaria: lingua madre di un raggruppamento genealogico che accomuna due o più lingue.

    Famiglia linguistica: unità genealogica massima (lingue indoeuropee ad esempio). Una famiglia linguistica contiene più gruppi che a loro volta si articolano in sottogruppi (o rami).

    Classificazione genealogica: due lingue sono genealogicamente parenti quando derivano dalla stessa lingua originaria.

    Classificazione tipologica: due lingue sono tipologicamente correlate se hanno una o più caratteristiche in comune (tipologia morfologica e sintattica), indipendentemente dalla parentela genealogica.

    Tipologia morfologica:
    Isolante: caratterizzato dalla quasi totale mancanza di morfologia.
    Agglutinante: ogni parola contiene tanti affissi quante le relazioni grammaticali che devono essere indicate.
    Flessivo: vi è una flessione molto ricca (come il poter indicare le diverse funzioni grammaticali con la variazione della vocale radicale della parola).
    Polisintetico: (o incorporante) una sola parola può esprimere tutte le relazioni che, ad esempio in italiano, sono espresse da un'intera frase.

    Tipologia sintattica: si basa sulle correlazioni tra l'ordine delle parole nella frase e in altre combinazione, per questo viene anche detta tipologia dell'ordine delle parole.

    Classificazione areale: due o più lingue formano una lega linguistica quando, pur essendo irrelate dal punto di vista genealogico, hanno sviluppato caratteristiche simili essendo parlate nella stessa area geografica.

    Modo di articolazione: i vari assetti assunti dagli organi per la produzione di un suono:
    Occlusive: suono prodotto attraverso un'occlusione momentanea dell'aria, seguita da una "esplosione".
    Fricative: l'aria passa attraverso una fessura stretta producendo una "frizione"; sono suoni che si possono prolungare nel tempo.
    Affricate: suoni che iniziano con un'articolazione occlusiva e terminano con una fricativa.
    Nasali: l'aria passa attraverso la cavità nasale.
    Laterali: l'aria fuoriesce dai lati della lingua che è andata a posizionarsi contro i denti.
    Vibranti: la vibrazione avviene mediante l'apice della lingua o da parte dell'ugola.
    Approssimanti: gli organi articolatori si avvicinano senza contatto.

    Punto di articolazione: il punto dell'apparato vocale in cui il flusso d'aria, necessario a produrre il suono, viene modificato:
    Bilabiali: suono prodotto tramite occlusione di entrambe le labbra.
    Labiodentali: il suono passa attraverso una fessura creata dagli incisivi superiori poggiati sul labbro inferiore.
    Dentali: la parte anteriore della lingua tocca la parte interna degli incisivi.
    Alveolari: la lingua tocca o si avvicina agli alveoli.
    Palato-alveolari: la lingua si avvicina agli alveoli con il corpo arcuato.
    Palatali: (o anteriori) la lingua si avvicina al palato.
    Velari: (o posteriori) la lingua tocca il velo palatino.

    Foni: suoni/rumori del linguaggio articolato.

    Fonema: segmento fonico che ha: una funzione distintiva; non può essere scomposto in una successione di segmenti; è definito solo dai caratteri dal valore distintivo. Unità astratta che si realizza in foni.

    Varianti libere: quando due suoni foneticamente simili si trovano nello stesso contesto e danno luogo a due parole il cui significato non cambia. Altra possibilità è che le parole hanno significato diverso, ma in quel caso sono fonemi differenti.

    Sillaba: secondo una definizione fonetica, la sillaba rappresenta un'unità prosodica costruita da uno o più foni agglomerati intorno a un picco d'intensità; la sillaba minima è costituita da una vocale (il nucleo sillabico), e può essere preceduta da un attacco e seguita da una coda.
    nucleo + coda = rima
    Aperta: (o libera) quando è priva di coda e finisce in vocale, altrimenti è chiusa (o implicata).

    Fatti soprasegmentali: fenomeni fonologici che non possono essere attribuiti ad un segmento (su cui la fonologia si basa) e sono:
    Lunghezza: durata temporale con cui vengono realizzati i suoni; in alcune lingue assume un valore distintivo.
    Accento: proprietà delle sillabe e non dei singoli segmenti; una sillaba tonica è più prominente di una atona; l'accento può essere contrastivo; può essere considerato come un fonema speciale; una parola può avere più di un accento (uno primario e uno secondario).
    Intonazione: la percezione "melodica" dell'altezza dei suoni.
    Tono: l'altezza con cui viene pronunciata una sillaba, variabile da sillaba a sillaba; esistono lingue tonali (come il cinese) secondo cui a differenza del dono di una sillaba varia anche il significato.

    Parola: unità del linguaggio umano; nella scrittura (alcuni tipi) è parola ciò che è compreso tra due spazi bianchi; unità della lingua che possono essere usate da sole; unità che non possono essere interrotte, al cui interno non si può aggiungere altro materiale linguistico.

    Morfema: è la più piccola parte, di una lingua, dotata di significato; è un segno linguistico e per questo ha un significante e un significato.

    Soggetto:
    la persona o la cosa che fa l'azione o che la subisce (livello semantico);
    il soggetto indica la persona o la cosa di cui parla il predicato (livello comunicativo);
    quell'argomento che ha obbligatoriamente la stessa persona e lo stesso numero del verbo (livello sintattico).

    Comunità linguistica: l'insieme di tutte le persone che parlano una determinata lingua.

    Repertorio linguistico: l'insieme dei codici e delle varietà che un parlante è in grado di padroneggiare all'interno del repertorio linguistico più ampio della comunità a cui appartiene; classi sociali diverse hanno repertori linguistici diversi.

    Competenza comunicativa: la capacità del parlante "reale" nel costruire frasi correttamente formate e nell'utilizzarle nel modo migliore a secondo delle varie situazioni.
     
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