Domande ricorrenti + Risposte + Riassunti sparsi Didattica delle lingue moderne

Brusco S.

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    Ghəi Chinəsi

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    Orietta Berti Fanz
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    Domande ricorrenti

    1. COMPETENZA LINGUISTICO-COMUNICATIVA
    Non basta apprendere una lingua per poter realizzare le intenzioni comunicative, è necessaria anche la competenza comunicativa, costituita da:
    – competenze linguistiche, riferite alle dimensioni del linguaggio (lessico, fonologia, sintassi ecc.);
    – competenze sociolinguistiche, abilità di comunicazione tra rappresentanti di culture diverse;
    – competenze pragmatiche, l'uso di risorse linguistiche, come padronanza del discorso, coesione, coerenza e interazione.


    2. INTERLINGUA. COSA COMPORTA LA CORREZIONE DELL'ERRORE.
    È la lingua usata dallo studente in fase di apprendimento e costituisce una porzione dell'intero sistema linguistico posseduto da un nativo.
    Non si tratta di una competenza sbagliata, bensì ridotta, comunque efficiente nel comunicare. Non è prevista un'esecuzione corretta, perciò lo studente ha il diritto di sbagliare ciò che non ha ancora acquisito e non deve essere demotivato.


    3. METALINGUISTICA RIFLESSIVA
    La metalinguistica riflessiva è la proprietà in atto quando si parla delle parole stesse, non facendo riferimento al loro significato usuale. Un atto volto a limitare l'incomprensione, cioè la possibilità di ripetere e citare, correggere e precisare durante l'atto comunicativo. La riflessività può avvenire sia attraverso attività riflessive inconsapevoli (spontanee nel parlato dei bambini così come in quello comune degli adulti) sia attraverso una riflessione metalinguistica esplicita.
    3.2 RECENTI STUDI SULLA METALINGUISTICA RIFLESSIVA INDICANO NON SIA PIU' UNA CARATTERISTICA STORICO-NATURALE
    Una lingua storico-naturale è dotata di metalinguisticità. La metalinguistica riflessiva è infatti insita nel linguaggio umano, il quale presenta grandi differenze con altri linguaggi e codici. Ma la riflessività non è tanto una caratteristica della lingua in sé quanto della comunicazione, infatti essa si manifesta in età prescolare in modo naturale, prima che si inizi a studiare la lingua materna.


    4. LOCUZIONI POLIREMATICHE.
    Sono formate da più di una parola con una particolare coesione strutturale e semantica interna, e possono appartenere a varie categorie lessicali (nomi, aggettivi, verbi, avverbi ecc.). Ad esempio "luna di miele" o "dare una mano".

    5. VDB.
    È la sigla che indica il Vocabolario di base, il quale raccoglie sia i vocaboli maggiormente in uso nei testi di lingua, sia quelli che vengono percepiti come molto usati, ma in realtà non lo sono. Al suo interno i termini sono ripartiti in base alla loro frequenza e alla loro comprensibilità in: vocabolario fondamentale (termini più frequenti e comprensibili); vocabolario di alto uso (circa 2700 parole frequenti ma non fondamentali); vocabolario di alta disponibilità (circa 2300 parole ben note, ma usate con poca frequenza).
    5.2 VOCABOLARIO ALTA DISPONIBILITÀ
    Una delle tre ripartizioni del vocabolario di base teorizzato da De Mauro, quella che racchiude circa 2300 termini noti, ma che capita di usare di rado.



    1. INPUT E CONTESTO BETTONI
    Gli input sono gli esempi tipici di una lingua seconda e per diventare produttivi devono essere capiti (diventare intake). L'input è comprensibile poiché contestualizzato, strutturato, modificabile e negoziabile. A definire la contestualizzazione dell'input non sono altro che le coordinate date dall'ambiente culturale, dai partecipanti, dagli scopi e dagli argomenti. Per sua natura l'input è sempre contestualizzato, ma il contesto non è sempre coerente all'input, questo significa che la sua rilevanza non è costante per la decifrazione linguistica da parte dello studente.

    2. DOMINI E SITUAZIONI NEL "QUADRO COMUNE EUROPEO"
    I domini sono i settori della vita sociale in cui gli individui operano (personale, pubblico, professionale ed educativo), mentre per quanto riguarda le situazioni si tratta di ciò che si può verificare in ciascun dominio (ambito, luogo, istituzioni; persone e/o oggetti; avvenimenti e azioni; testi).

    3. LE FUNZIONI DI JAKOBSON
    Jakobson descrive un modello astratto di comunicazione attraverso sei funzioni e i relativi elementi a cui sono riferite:
    – funzione emotiva, riguarda l'uso focalizzato sul mittente;
    – funzione fàtica, riguara il canale attraverso il quale passa il messaggio;
    – funzione conativa, legata al destinatario;
    – funzione poietica, legata al messaggio;
    – funzione metalinguistica, legata al codice del messaggio;
    – funzione referenziale, legata al contesto.


    4. UNITÀ DI ACQUISIZIONE NEGLI ANNI '70
    Negli anni '70 l'insegnamento linguistico viene sconvolto. Parte dell'approccio grammaticale viene bandito, ne rimangono solo gli esercizi strutturali, i manuali legati alla sequenza presentation-practice-production, e un attaccamento a tali metodi da parte degli insegnanti. Anche la traduzione viene abbandonata, non solo ai livelli base, ma anche a quelli avanzati dove invece ricopre un ruolo importante. Seppur il ruolo dell'insegnante resti pressoché invariato, lo studente non viene più visto come una tabula rasa, ma ne vengono valorizzate le conoscenze personali e le abilità comunicative.
    Tra le novità degli anni '70 troviamo gli strumenti concettuali teorici e di progettazione curricolare, il metodo nozionale-funzionale, i manuali didattici e, almeno in Italia, il Progetto Speciale Lingue Straniere.


    5. USI SPONTANEI DELLA LINGUA NEI BAMBINI IN ETÀ PRESCOLARE SECONDO BONNET E TAMINE-GARDES
    Bonnet e Tamine-Gardes si interessano all'attività riflessiva per la sua forma linguistica e il modo in cui si manifesta in età precoce, e non in base alla sua funzione di facilitare la comunicazione. Si parla quindi di quelle condotte rilevabili nei bambini da prima che essi entrino in contatto con l'ambiente scolastico elementare (intorno ai 5/6 anni) dove si studia la lingua materna.
    Tre sono i criteri proposti perché si possa parlare di condotte metalinguistiche soddisfacenti:
    – il bambino deve saper distinguere la forma e il significato nelle parole;
    – deve saper identificare sillabe e morfemi;
    – deve saper distinguere un codice condiviso da un'intera comunità linguistica, da una variazione individuale.


    6. METAFORA DELL'ICEBERG DI CUMMINS
    Dimostra le conseguenze positive dello studio di una lingua straniera sulla lingua materna, poiché va ad influire sulle competenze linguistiche in generale.


    1. INFLUSSI DELLA NEUROLINGUISTICA SULLA GLOTTODIDATTICA
    La neurolinguistica studia il funzionamento del cervello in ordine al linguaggio. Le sue maggiori applicazioni riguardano i disturbi del linguaggio (come i DSA), ma in rapporto alla glottodidattica il suo ruolo è stato rilevante nell'individuare la cooperazione tra i due emisferi del cervello nella produzione e comprensione linguistica, i quali operano prima a livello globale e poi analitico.
    Anche la dimensione emozionale ricopre un ruolo fondamentale, ogni individuo è unico e così sono le procedure secondo la quale ogni cervello funziona, e quindi vanno rispettate.


    2. TEORIE DI KRASHEN.
    Secondo Krashen l'apprendimento della lingua seconda segue il percorso della lingua prima (lingua materna) e basandosi sull'idea di Chomsky dell'esistenza di un LAD (language acquisition device) elabora la SLAT (second language acquisition theory), sulla base della quale l'insegnante deve lavorare per produrre acquisizione. Krashen infatti differenzia l'acquisizione dall'apprendimento. Definisce l'apprendimento come un processo razionale che non da risultati stabili, ma competenze provvisorie; mentre l'acquisizione come un processo inconscio che sfrutta le strategie dell'emisfero destro insieme a quelle analitiche dell'emisfero sinistro: è acquisito ciò che viene immagazzinato nella memoria a lungo termine ed entra a far parte, in modo stabile, delle competenze di una persona.


    1. IL PENSIERO DI BENVENISTE SUL MONOLOGO
    Benveniste pensa al monologo come un discendente del dialogo. Vi è sempre un destinatario contemplato nell'enunciazione (che sia reale o immaginario) e nel caso del parlare da soli, il parlante assume sia il ruolo di locutore che ascoltatore (ed entrambe le parti possono intervenire durante l'enunciazione).
    1.2 IL PENSIERO DI GOFFMAN SUL MONOLOGO
    Goffman individua l'origine del parlare da soli nella conversazione e lo definisce come una "messa in scena". Il parlare da soli genera ruoli comunicativi poiché nel farlo creiamo una proiezione del nostro interlocutore.

    2. LE PRINCIPALI FORME DI SEMPLIFICAZIONE LESSICALE E SINTATTICA
    La semplificazione avviene quando una parte complessa della lingua viene sostituita da una più semplice, sono fenomeni piuttosto comuni in una lingua. A livello sintattico la semplificazione avviene attraverso una riformulazione delle frasi, una riorganizzazione del testo in modo da presentare frasi più brevi ed un numero inferiore di parole. A livello lessico le parole vengono sostituite con termini presenti nel vocabolario di base, evitando espressioni e forme non comuni a tutti, così come le espressioni astratte.
    2.2 TRE TECNICHE DI SINTESI DEI TESTI
    Semplificare il lessico utilizzando termini presenti nel vocabolario di base, evitando espressioni e forme non comuni a tutti, così come le espressioni astratte, prediligendo la perifrasi.
    Semplificare la sintassi attraverso una riformulazione delle frasi, una riorganizzazione del testo in modo da presentare frasi più brevi ed un numero inferiore di parole.
    Semplificare la testualità creando ridondanza, organizzando i contenuti stilisticamente, cronologicamente e secondo un percorso più logico, senza eccedere nei contenuti.


    3. LE QUATTRO DIMENSIONI DEL SEGNO SECONDO DE MAURO
    Per descrivere la non-linearità del processo di comprensione, De Mauro idea due schemi: il modello a intreccio e il modello circolare. Mostra come un qualsiasi segnale, in una conversazione, viene percepito e valutato rispetto alle quattro dimensioni, infatti nel modello a intreccio il segno è il punto di intersezione tra:
    – dimensione semantica, rapporto tra significato del segno e i suoi sensi;
    – dimensione espressiva, rapporto tra significante e le diverse espressioni che possono realizzarlo;
    – dimensione sintattica, rapporto tra i vari segni in un codice;
    – dimensione pragmatica, l'uso del segno da parte degli utenti.

    3.2 MODELLO CIRCOLARE
    Infatti il modello circolare descrive su cosa deve appoggiarsi un qualunque enunciato linguistico per avere senso e figurano le operazione messe in atto durante il processo di comprensione.

    4. FATTORI MESSI IN LUCE NEL SECOLO SCORSO CHE HANNO CAMBIATO IL MODO DI VEDERE LA COMUNICAZIONE /? LINGUISTICA NON COME ATTO DOVUTO.
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    5. ABILITÀ LINGUISTICHE
    – Abilità ricettive: ascolto e lettura, le quali si differenziano a livello percettivo, nella decodifica dei segnali.
    – Abilità produttive: produzione orale e scritta (monologo e scrittura), nella quale intervengono la componente cognitiva, il possesso di specifiche informazioni e la padronanza linguistica.
    – Abilità d'interazione: orale (dialogo), la più difficile da padroneggiare poiché integra in tempo reale le abilità di comprensione e la produzione orale.
    – Abilità di trasformazione dei testi: dettato; stesura di appunti; riassunto; parafrasi; traduzione.



    1. COMPETENZE EXTRALINGUISTICHE: codici usati insieme alla lingua, possono anche sostituire la lingua verbale:
    – competenza cinesica: capacità di comprendere gesti, espressioni, movimenti del corpo;
    – competenza prossemica: vicinanza e contatto con l'interlocutore, scelta di registro;
    – competenza vestemica: capacità di padroneggiare il sistema della moda;
    – competenza oggettemica: uso di oggetti per comunicare.


    2. TESI DI GISCEL
    Vedi riassunti

    3. VOCABOLARIO ALTA DISPONIBILITÀ (IMPORTANTE INSEGNARLO? DIFFERENZE RESTO DEL VDB)
    Sì, perché seppur siano parole utilizzate con poca frequenza e a causa di ciò più difficili da memorizzare, si tratta di termini legati al contesto e presenti negli input, termini che comunque sono ben noti ad un parlate nativo.



    10 tesi di Giscel

    I. LA CENTRALITÀ DEL LINGUAGGIO VERBALE
    Il linguaggio verbale è fondamentale nella vita sociale e individuale perché aiuta a farsi capire e a comprendere gli altri. La sua importanza non va limitata perché si tratta di una forma della capacità di comunicare (capacità semiologica) e perché intrattiene rapporti con tutte le capacità espressive e simboliche.

    II. IL SUO RADICAMENTO NELLA VITA BIOLOGICA, EMOZIONALE, INTELLETTUALE, SOCIALE
    Le capacità linguistiche sono radicate nello sviluppo dell'essere umano. E lo sviluppo delle capacità linguistiche dipende dalla crescita a livello organico, frutto anche - ma non esclusivamente - di una buona alimentazione. Allo stesso modo fondamentali sono le relazioni familiari, con i coetanei e con la società in generale.

    III. PLURALITÀ E COMPLESSITÀ DELLE CAPACITÀ LINGUISTICHE
    Il linguaggio verbale è fatto di molteplici capacità, alcune facilmente percepibili (come quelle che riguardano la produzione orale o scritta, la capacità di conversare, di leggere ad alta voce ecc), altre meno evidenti (come la capacità di dare senso a ciò che si ascolta o si legge, analizzare le parole all'interno di varie situazioni, capacità di ampliare il patrimonio linguistico).

    IV. I DIRITTI LINGUISTICI NELLA COSTITUZIONE
    Vista l'importanza del linguaggio verbale, una pedagogia linguistica efficace deve tener conto del rapporto tra sviluppo delle capacità linguistiche e lo sviluppo fisico, affettivo, sociale, intellettuale dell'individuo. E una pedagogia linguistica efficace è democratica se realizza i principi linguistici esposti in testi come, ad esempio, l'articolo 3 della Costituzione Italiana.

    V. CARATTERI DELLA PEDAGOGIA LINGUISTICA TRADIZIONALE
    La pedagogia linguistica tradizionale punta ad un rapido apprendimento da parte dei più dotati, ponendo le sue basi sull'analisi grammaticale, logica e sull'apprendimento a memoria. La produzione scritta è scarsamente motivata, e si da troppa importanza alla capacità di verbalizzare oralmente e per iscritto apprezzamenti a testi letterari (tradizionali), spesso privi di fondamento metodologico e di coerenza.

    VI. INEFFICACIA DELLA PEDAGOGIA LINGUISTICA TRADIZIONALE
    La pedagogia linguistica tradizionale è inefficace poiché non realizza bene nemmeno gli scopi su cui dovrebbe puntare. Infatti, ancora oggi un cittadino su tre è semianalfabeta.
    L'ossessione per gli errori ortografici, prolungato per tutti gli anni di scuola fin dalle elementari, non ha dato risultati (gli errori sono comuni anche negli individui più colti) e, allo stesso modo, non insegna bene neanche la produzione scritta (la chiarezza nello scrivere non è una caratteristica propria a tutti).

    VII. LIMITI DELLA PEDAGOGIA LINGUISTICA TRADIZIONALE
    La pedagogia linguistica tradizionale non solo è inefficace, ma ha degli scopi "parziali":
    – opera settorialmente, ignorando i processi di maturazione linguistica e il coinvolgimento della altre materie;
    – bada soltanto alla produzione scritta, non quella orale;
    – nella produzione scritta tende a sviluppare le capacità di discorrere a lungo su un argomento, ma non di sintetizzare o prendere appunti;
    – si fonda sull'analisi grammaticale e logica, o sull'insegnamento di paradigmi grammaticali e regole sintattiche;
    – trascura le realtà linguistiche di partenza degli allievi;
    – ignora i rapporti tra capacità verbali e le altre capacità espressive e simboliche.

    VIII. PRINCIPI DELL'EDUCAZIONE LINGUISTICA DEMOCRATICA
    La nuova scuola, democratica, si dovrebbe basare su dieci principi:
    – sviluppo delle capacità verbali in rapporto con la socializzazione, con lo sviluppo psicomotorio, la maturazione e la manifestazione di tutte le capacità espressive e simboliche;
    – lo sviluppo e l'esercitazione delle capacità linguistiche vanno perseguiti come strumenti di partecipazione alla vita sociale e intellettuale;
    – individuare prima di tutto il background linguistico-culturale dell'allievo, sociale e ambientale, arricchendo gradualmente il suo patrimonio linguistico;
    – imparare a capire e apprezzare le diversità che caratterizzano il patrimonio linguistico di ogni studente (e dei componenti di una stessa società), così da non esserne succubi;
    – sviluppare le capacità ricettive, verificando il grado di comprensione dei testi scritti o registrati, stimolando la capacità di intendere un vocabolario e una varietà di frasi sempre più estesi;
    – sviluppare l'aspetto orale e scritto nelle capacità produttive e ricettive;
    – sviluppare e stimolare la capacità di passaggio dalle formulazioni più colloquiali e informali, a quelle più formali e meditate;
    – far conoscere l'uso di modi istituzionali d'uso della lingua comune;
    – curare lo sviluppo della capacità di autodefinirsi, autodichiararsi e analizzarsi fin dalle scuole elementari;
    – sviluppare il senso della funzionalità di ogni forma linguistica (nota o ignota).

    IX. PER UN NUOVO CURRICULUM DEGLI INSEGNANTI
    La nuova educazione linguistica richiede più attenzione e conoscenze. Per l'insegnante, il quale deve seguire i principi dell'educazione linguistica democratica, si prevede in futuro una formazione attraverso un curriculum universitario e postuniversitario adeguato, nel quale sono previste competenze sul linguaggio e le lingue (di ordine teorico, sociologico, psicologico e storico) e sui processi educativi e sulle tecniche didattiche.

    X. CONCLUSIONE
    Creazione di centri di formazione e informazione linguistica ed educativa adeguati alle esigenze dei nuovi insegnanti, che vadano a correggere gli errori commessi nelle esperienze formative realizzare dal Ministero dell'istruzione. Si tratta di un problema amministrativo e civile, a livello politico. Il rapporto tra forze sociali interessate a gestire la scuola democraticamente va fatto maturare, stabilendo rapporti più intimi tra chi si occupa della dirigenza e la massa.



    QUADRO COMUNE EUROPEO

    PLURILINGUISMO: riguarda l'integrazione, passando dal linguaggio domestico al contesto culturale e sociale. E' la capacità di usare le lingue per comunicare e di prendere parte a interazioni interculturali. Chi apprende una nuova lingua diventa plurilingue e sviluppa interculturalità.

    COMPETENZE: insieme di conoscenze, abilità e caratteristiche che permettono a una persona di compiere delle azioni.
    COMPETENZE GENERALI: le competenze di cui ci si avvale per azioni di tutti i tipi.
    – sapere, conoscenza ricavata dall'esperienza o da un apprendimento formale;
    – saper fare: abilità sociali, correnti, tecniche e professionali, del tempo libero, interculturali;
    – saper essere, la somma delle caratteristiche individuali (personalità, gli atteggiamenti, la capacità di relazionarsi con gli altri ecc.);
    – saper apprendere, capacità di integrare nuove conoscenze, di imparare attraverso la comunicazione, le abilità di studio ecc.
    COMPETENZE LINGUISTICO-COMUNICATIVE: degli strumenti linguistici:
    – competenze linguistiche, in riferimento al lessico, alla fonologia, alla sintassi e altre dimensioni del linguaggio;
    – competenze sociolinguistiche, i fattori socioculturali dell'uso che si fa della lingua, comprende i modi di fare e la considerazione che si fa delle regole sociali delle altre culture con cui ci si relaziona;
    – competenze pragmatiche, l'uso delle risorse linguistiche come padronanza del discorso, coesione, coerenza e interazione.

    ATTIVITÀ LINGUISTICHE: il mettere in atto le competenze linguistico-comunicative in un dominio specifico. Coinvolgono: ricezione e produzione (primarie perché entrambe necessarie all'interazione), interazione, mediazione.

    PROCESSI LINGUISTICI: catena di eventi (neurologici e fisiologici) implicati nella produzione e nella ricezione sia orale che scritta.

    DOMINIO: settore/i della vita sociale in cui operano gli attori sociali. Quattro sono i settori:
    – dominio pubblico, legato alla normale interazione sociale;
    – dominio personale, legato alle relazioni familiari e le pratiche sociali specifiche di un individuo;
    – dominio educativo, legato al contesto di apprendimento/formazione;
    – dominio professionale, legato all'esercizio professionale.

    COMPITO: azione finalizzata, necessaria al raggiungimento di un determinato risultato.
    STRATEGIA: linea di azione organizzata, per portare a termine un compito autonomamente.
    TESTO: una sequenza di discorso (orale e/o scritta) che si riferisce a un dominio specifico e che diventa occasione di attività linguistica (come strumento, obiettivo, prodotto e processo).
    La comunicazione e l'apprendimento implicano l'esecuzione di compiti non esclusivamente linguistici, anche se possono implicare attività linguistiche. Quando i compiti non sono di routine, richiedono l'impiego di strategie di comunicazione e di apprendimento. Il rapporto tra strategie, compito e testo, dipende dalla natura del compito, che può essere linguistico, ma può anche non esserlo in prevalenza, così come è possibile non ricorrere ad attività linguistiche.

    CONTESTO D'USO DELLA LINGUA: l'uso della lingua varia ampiamente in base al contesto, i cui aspetti sono:
    – domini;
    – situazioni, possono presentarsi in ciascun dominio e sono: i luoghi e i momenti in cui si verificano, le istituzioni e le organizzazioni, le persone coinvolte, gli oggetti, le azioni effettuate, i testi con cui si ha a che fare;
    – condizioni e vincoli, in la comunicazione si realizza: fisiche, sociali, di tempo.
    – contesto mentale di chi usa la lingua, si basa su: l'apparato percettivo, i meccanismi di attenzione, l'esperienza a lungo termine della memoria, la classificazione pratica, la categorizzazione linguistica (influenzata da intenzioni, pensieri, aspettative, bisogni, desideri, motivazioni e stati d'animo);
    – contesto mentale dell'interlocutore, consiste nel realizzare una comunicazione efficace, tenendo in considerazioni le differenze sociali, i valori, le aspettative diverse.

    TEMI DELLA COMUNICAZIONE: gli argomenti su cui si focalizzano gli atti comunicativi, in ogni differente dominio. Una classificazione diffusa è quella articolata in temi, sottotemi e "nozioni specifiche" (nel Threshold Level 1990): identificazione personale; abitazione e ambiente; vita quotidiana; tempo libero e divertimenti; viaggi; rapporti con gli altri; salute e benessere; educazione; acquisti; cibi e bevande; servizi; luoghi; lingua; tempo meteorologico. Ognuno di questi ha delle sottocategorie e così via.

    Per realizzare dei compiti comunicativi occorre impegnarsi in attività linguistico-comunicative e utilizzare strategie comunicative. Molte ATTIVITÀ COMUNICATIVE sono interattive, cioè prevedono un'alternanza dei ruoli tra emittente e destinatario. In altri casi questi sono separati. Chi produce un testo lo fa per esprimere il proprio pensiero o lo utilizza come canale di comunicazione. La mediazione non deve quindi essere per forza interattiva.
    STRATEGIE LINGUISTICHE: il mezzo per utilizzare le proprie risorse, soddisfare le esigenze di comunicazione e portare a termine il compito. I parlanti nativi utilizzano regolarmente strategie comunicative di tutti i tipi. L'uso consiste nell'applicare principi metacognitivi ad attività comunicative.
    ATTIVITÀ E STRATEGIE DI PRODUZIONE: riguardano:
    – produzione orale (parlato);
    – produzione scritta.
    ATTIVITÀ E STRATEGIE DI RICEZIONE:
    – ricezione orale (ascolto);
    – ricezione scritta (lettura);
    – ricezione audiovisiva, caratterizzata sia da uno stimolo orale che visivo.
    ATTIVITÀ E STRATEGIE INTERATTIVE:
    – interazione orale, chi usa la lingua riveste alternativamente il ruolo di parlante e ascoltatore, con uno o più interlocutori;
    – interazione scritta: scambio di appunti, corrispondenza, negoziazione di testi di accordi e contratti, partecipazione a forum in rete.
    ATTIVITÀ E STRATEGIE DI MEDIAZIONE: chi usa la lingua non intende esprimere il proprio pensiero, ma funge da intermediario tra due interlocutori: sia orale che scritta.

    Le AZIONI CONCRETE che accompagnano le attività linguistiche: indicazione; dimostrazione; azioni osservabili.
    La DIMENSIONE PARALINGUISTICA comprende: il linguaggio del corpo; l'uso delle onomatopee; tratti prosodici. Gli elementi paratestuali, utilizzati nei libri, sono; illustrazioni; schemi, tavole, diagrammi ecc; caratteristiche tipografiche.

    PIANIFICAZIONE: coordinamento di componenti della competenza generale e linguistico-comunicativa, per la realizzazione delle intenzione comunicative.
    PRODUZIONE: in gioco ci sono due componenti:
    – relativa alla formulazione, assume il risultato della pianificazione e gli da forma linguistica, implicando operazioni lessicali, grammaticali e fonologiche;
    – relativa all'articolazione, organizza l'attività dell'apparato vocale.
    RICEZIONE: percezione del parlato e dello scritto, identificazione del testo, comprensione semantica e cognitiva del testo, e interpretazione del messaggio nel contesto.
    INTERAZIONE: successione di attività di ascolto e parlato in cui i processi produttivi e ricettivi si sovrappongono, convergendo in un discorso cumulativo.
     
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