Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza

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    Ghəi Chinəsi

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    Orietta Berti Fanz
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    depravazione
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    Film del 2014 diretto dallo scandinavo Roy Andersson e vincitore di diversi premi tra cui il 71° Leone d'Oro di Venezia per il Miglior Film. Il titolo è un riferimento al quadro di Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve. Come nel dipinto si ha la sensazione che le scene siano osservate da degli uccelli di cui ogni tanto si sente anche il canto.

    locandina



    Un film grottesco in cui si susseguono spezzoni di storielle con personaggi brutti e tristi, che fanno ridere e anche riflettere per quanto assurdo possa sembrare.
    Mi ha ricordato vagamente Little Britain.
    Lascio una recensione migliore perché ho troppo sonno per descrivere bene questo film.

    CITAZIONE
    Il film è composto da trentanove piani sequenza perfettamente fissi, declinati in una gamma di tonalità spente – dall’ocra al verdognolo – che si ravvivano con qualche improvviso accenno di colore, animati da personaggi tragici nella loro comicità (o viceversa) che affollano le stanze di negozi, bar, sale da ballo, camerette in condomini-prigioni per svelare con parsimonia la miseria delle loro esistenze.

    Andersson inquadra tutto e tutti frontalmente, con una strabiliante profondità di campo che genera movimento nella fissità e simmetria nel caos, lasciando vagare l’occhio nelle spoglie scenografie per cogliere il dettaglio capace di risvegliare il quadro, di creare l’eccezione, di cogliere un senso.

    Attraverso una narrativa ipnotica e multiforme – che sembra seguire una libera associazione mentale – racconta bozzetti sulla morte che ricordano antiche storielle ebraiche, coreografa a tempo di musical delle incursioni malinconiche nella memoria alcolica di un tempo fatto di bariste zoppe che scambiano grappe con baci, frulla passato e presente inscenando l’irruzione di un re tronfio bisognoso di acqua e consolazioni proibite in un bar della periferia di Göteborg, segue le peripezie di due tristissimi venditori di scherzetti scadenti – maschere improbabili, denti di vampiro, scatole che ridono – che sognano di regalare briciole di felicità (e qui la suggestione rimanda a un Beckett ulteriormente scarnificato), rilegge la storia coloniale come esperimento di infernale divertimento per un pubblico di potenti incartapecoriti che suggono champagne di fronte allo spettacolo della sofferenza.

    Cr: qui
     
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0 replies since 2/12/2020, 23:09   18 views
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