Cose interessanti che scopro studiando

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    CITAZIONE (Krigerinne @ 27/10/2014, 11:48) 
    Scrivo robe interessanti e nel frattempo ripeto psicologia sociale. Chi mai l'avrebbe pensato che si può studiare e stare sullo Sgarzullino allo stesso tempo. hehe.

    Secondo la teoria della dissonanza cognitiva le persone migliorerebbero il loro atteggiamento nei confronti di un oggetto in seguito all'auto osservazione del proprio comportamento (teoria dell'autopercezione) in modo da ridurre la discrepanza tra ciò che si pensa e ciò che si fa. Es: un ambientalista che dovesse lavorare in una centrale nucleare per evitare di starne male può cambiare lavoro, oppure cambiare le sue idee e diventare meno ecologista.
    Anche solo l'esposizione allo stimolo è in grado di migliorare il nostro atteggiamento nei confronti dell'oggetto.
    Gli individui si influenzano reciprocamente, durante il giorno siamo tutti allo stesso tempo fonte e bersaglio. In un gruppo il leader è quello in grado di influenzare gli altri più di quanto questi non riescano ad influenzare lui.
    La fonte di influenza può essere attiva (es. la pubblicità) o passiva. Riguardo alla passiva; la semplice presenza di altri èin grado di inibire o incentivare comportamenti o attività cognitive. La facilitazione sociale è stata rilevata già nell'800. (Sighele, Le Bon) ed è stata studiata da Allport fin dagli anni 20. Allport considerò la facilitazione sociale come uno dei meccanismi esplicativi dei comportamenti collettivi estremi. Es. nella situazione di folla la persona è spinta a intensificare la propria risposta allo stimolo sociale dal fatto di trovarsi in mezzo ad altri che agiscono nel suo stesso modo. Ma c'è anche l'Indolenza o inerzia sociale, che è il calo di motivazione e impegno che si verifica quando le persone sono impegnate in attività collettive. Es. classico sono i comportamenti di aiuto, che diminuiscono sensibilmente se ad assistere alla scena non è una, ma più persone. La ricerca partì nel 1964 in seguito al famoso caso dell'omicidio di Kitty Genovese, una ragazza che fu brutalmente uccisa a coltellate in un lasso di tempo di mezz'ora, ad assistere dietro le finestre delle loro case c'erano stati almeno 30 testimoni e nessuno aveva fatto niente, né chiamato la polizia. Infatti nei momenti di incertezza osserviamo il comportamento degli altri che ci fornisce informazioni su cosa fare (influenza informativa o prova sociale). Un'errata interpretazione degli eventi può condurre a ignoranza pluralistica per la quale ciascuno degli astanti è indotto dall'apparente mancanza di coinvolgimento degli altri a sottovalutare la gravità della situazione e a pensare che non si tratti di una reale emergenza.
    Quando invece la situazione è percepita come grave dal gruppo, subentra un altro meccanismo, la diffusione di responsabilità, secondo la quale una persona si sente meno in dovere di aiutarne un'altra se ci sono altre persone che possono farlo al posto suo. In definitiva è più facile che qualcuno aiuti qualcun'altro se questo è l'unica persona che può farlo, e se non ci sono altre persone.

    Cioè le implicazioni di queste conoscenze :eric:
    la prima parte sul cambio d'atteggiamento (una cosa personale che non c'entra niente con l'influenza sociale) mi viene da applicarla a ciò che ho appreso dallo studio dei serial killer. Nel librone c'è un paragrafo bellissimo dove si parla di come fare per diventare si diventa serial killer, e un elemento fondamentale sono le fantasie e il pensiero per immagini. La persona per scappare dalla realtà nella quale non si trova a suo agio (basse capacità sociali) o che è traumatica (abusi ecc) fugge nelle fantasie, che occupano sempre più spazio, e che a un certo punto non bastano più, irrompendo nel mondo reale. Di base non è detto che ci sia una psicopatia, che il serial killer abbia un'essenza malvagia (infatti fin ora ciò non ha riguardato nessuno dei serial killer di cui ho letto), ma c'è una morale impartita come a tutti. I traumi vengono interpretati negativamente, le fantasie si fanno ingombranti (io direi quasi come un disturbo ossessivo) e vivide, dettagliate, e persistono dall'infanzia fino all'età adulta in un soggetto che vive rinchiuso in sé. Secondo la teoria della dissonanza cognitiva la persona vivendo di queste fantasie deve per forza cambiare atteggiamento nei confronti di esse, per evitare di soffrire della discrepanza. Ed è qui che l'omicidio diventa accettabile mentre, ad esempio, può risultare ancora inaccettabile saltare la fila alle poste. (eh, era un vecchietto tanto caro...)
    "Un caso esemplificativo di questa progressione del comportamento criminale attraverso le fantasie è dato da Edmund Emil Kemper: da bambino, tagliava le mani e le teste alle bambole delle sorelle, da ragazzo tagliò la testa a due gatti di famiglia e, da adulto, decapitava le ragazze che uccideva. Una volta arrestato, Kemper raccontò che, fin da piccolo, era tormentato da fantasie allucinatorie che riguardavano la decapitazione e lo smembramento."
    E ciò mi ricorda un'altra cosa. Zoof forse si ricorda... A Opi lessi dal mio libro di psicobiologia quel resoconto di Sacks su quel pittore che a un certo punto iniziò a vedere il mondo in bianco e nero. Per il primo anno era depresso e disgustato dal cibo grigio, poi ci fece l'abitudine (per evitare di soffrire, come adattamento che è anche il punto focale della risposta alla dissonanza cognitiva) e imparò ad amare la notte. Finì per dormire di giorno e uscire di notte. L'ho ritrovato. Sacks conclude "non è sorprendente e forse addirittura inevitabile che i soggetti acromatopici siano attratti dal solo mondo nel quale essi possano sentirsi a loro agio come a casa, che essi, come certi piccoli lemuridi dai grandi occhi, che escono a caccia solo di notte, tendano a diventare del tutto, o quanto più possono, creature notturne in un mondo notturno"

    Ho studiato solo 6 pagine :krigerinne:
    Se devo fare ste riflessioni per ogni minchiata... :mani:

    allora questa è forse la più interessante letta finora, ma anche quella meno rivelatora (del tipo che dici "cazzo è vero, preciso") (infatti sullo studio in generale non ho molto altro da dire, ma) quello che volevo dire è che per me l'errore di base è che si consideri l'omicidio una cosa sbagliata in assoluto, cioè secondo me "il problema" è proprio l'esatto opposto di quello che intende il post, cioè non è che pensare di uccidere la gente e sentire una voglia sempre più irrefrenabile fino a farlo davvero sia il problema mentale, ecco appunto quella sarebbe la cosa più ovvia e sensata (al massimo sarebbe strano se succedesse in un mondo ideale dove tutti si vogliono bene e nessuno è un bastardo figlio di troia) ma proprio come spiega lo studio, la mente si adatta ad accettare le condizioni di merda, perchè se ammazzi un pezzo di merda o sei così bravo da riuscire a dare la colpa a olindo e rosa oppure perdi anche quelle poche libertà che hai (a prescindere che ti prendano o no, certo se t prendono ne perdi di più), vabè insomma la mente distorta è quella che si adatta e pensa "eh vabè dai facciamoci passare davanti tutti quando siamo in fila, bruciatemi pacchi di scarpe dietro casa, mettetemi bad bunny a tutto volume, cosa vuoi che sia, io sono una persona mentalmente sana, al massimo vi dico che siete stronzi, mica sono un pazzo che vi farebbe saltare in aria la casa aspettando il natale per prendere più piccioni con una fava"
     
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15 replies since 27/1/2012, 01:05   196 views
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