Ghəi Chinəsi
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A distanza di quasi undici anni torno ad aggiornare questo topic perché in tutto questo tempo il mio amore per questo cartone animato non ha fatto altro che aumentare. L’ho visto e rivisto. Netflix ci ha dato una parvenza di serietà caricandolo tutto per poi invece regalarci l’ennesima delusione gratuita, togliendo un po’ di episodi per volta (attualmente c’è una stagione e mezza su tre); ancora non abbiamo i DVD ufficiali. All’epoca si era conclusa da qualche mese la messa in onda in Italia, probabilmente neanche lo sapevo, neanche avevo visto gli ultimi episodi. Da allora le cose sono cambiate. È uscita una seconda serie Avatar: La leggenda di Korra, che racconta delle vicende successive alla morte di Aang, con il nuovo Avatar. Sono stati pubblicati diversi fumetti che cercando di riempire piccoli buchi rimasti aperti nella trama hanno peggiorando la situazione. Comunque, non è di questo che voglio parlare ora, ma del perché Avatar: La leggenda di Aang (da qui in poi abbreviato il ATLA) viene considerata una delle più belle serie a cartoni mai andate in onda, sebbene presenti una trama che, ad un primo sguardo, potrebbe far scaturire qualche dubbio. Questa ha infatti elementi familiari a chi abituato a consumare prodotti simili (avventure su basi fantastiche per ragazzi). Ci viene raccontato di un protagonista in apparenza il classico “prescelto”, dal carattere giulivo e spensierato, affiancato un’improvvisa avventura da altri ragazzini con cui diventa improvvisamente amico, allo scopo di combattere per proteggere i deboli e distruggere i cattivi. Sbagliato, ATLA sdogana completamente questi preconcetti nel giro di pochi episodi. Ci troviamo davanti ad una storia complessa e profonda in cui i personaggi sono mossi da ambizioni e conflitti che non si possono spiegare in pochi minuti. La prima cosa che sicuramente ci farà rendere conto di non essere davanti alla solita serie animata per ragazzi è proprio il protagonista, Aang. Caratterizzato da uno spiccato senso dell’umorismo, da una gentilezza senza fine e dei principi chiaramente basati sulle religioni orientali (in particolare buddhismo e taoismo) è un personaggio per il quale è facile simpatizzare, finendo inevitabilmente per fare il tifo per lui. Per quanto Aang possa sembrare un estremamente positivo e dotato di poteri straordinari, non lo è. Ma prima di questo va considerato il concetto della reincarnazione dell’Avatar che non lo rende più unico e speciale – alla base dell’idea del prescelto. L’Avatar è sempre accompagnato dalla saggezza dei suoi predecessori, è in contatto con loro, impara dagli errori che ha commesso in passato, ma comunque ha dei limiti umani e credibili. Infatti, non solo il ciclo di reincarnazione può essere fermato (non voglio fare spoiler quindi non dico altro a riguardo), ma quelli che sembrano i suoi punti di forza celano/rivelano anche enormi debolezze. Aang cerca di fuggire dai suoi doveri di Avatar, non si sente in grado e non è disposto a rinunciare alla sua spensieratezza, questo lo porta a commettere errori irreparabili e ad affrontare una costante lotta interiore su cosa sia giusto o sbagliato fare.
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Benché Aang sia di suo un ottimo protagonista, ATLA non sarebbe mai riuscito allo stesso modo senza dei personaggi di supporto costruiti tanto bene, unici e perfettamente bilanciati tra di loro. Katara, Sokka, Toph e persino il lemure Momo, sono indispensabili al proseguimento e alla fruibilità della storia. Tutti profondamente caratterizzati e in continua crescita, vengono sfruttati egregiamente per aggiungere punti di riflessione che nei cartoni animati per bambini si vedono poco. Prendiamo come esempio Toph, una ragazzina cieca che non si ferma a causa della sua disabilità, ma ne fa la sua forza. È indipendente e coraggiosa, in grado di mettere k.o. i combattenti più forti e muscolosi, ma ad un certo punto è costretta ad accettare il fatto di non poter fare tutto da sola. E come non parlare di Zuko, probabilmente il miglior personaggio di tutta la serie, nonché in assoluto uno dei percorsi di crescita e di redenzione meglio scritti – senza limitarci al contesto della serie di Avatar. Anche personaggi meno rilevanti e che compaiono poche volte – come Jet o Teo – hanno un carattere complesso, coerente con la storia e con uno scopo ben definito. Tutto questo perché ATLA è stato accuratamente scritto prima della sua messa in onda, niente viene lasciato al caso benché ci siano diversi episodi che si potrebbero definire filler, nulla viene lasciato al caso e si prosegue con la stessa andatura fino alla fine, senza conclusioni affrettate o cambi di rotta repentini. Più si va avanti e meglio diventa.
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Altro punto molto importante è la “rappresentazione”. Citavo prima la disabilità di Toph che comunque non è l’unico personaggio diversamente abile che incontriamo nella serie. Le “diversità” sono presenti più o meno tutte, incluse nella storia senza stonare. ATLA da grande visibilità a tante minoranze etniche (sono pochi i personaggi “bianchi”, mentre la maggior parte hanno tratti orientali, carnagione scura, addirittura ci sono tribù ispirate ai nativi americani o agli indigeni dell’Amazzonia). Diverse parti del mondo di ATLA ospitano culture e civiltà differenti, cambiano i vestiti, le filosofie e i modi di comunicare. Vengono mostrate tante donne forti, guerriere, ma che al tempo stesso sanno essere materne e amorevoli, così come ci sono molti uomini che accettano le proprie debolezze, rompendo quelli che sono i classici schemi di genere. Non mancano all’appello diversi orientamenti sessuali che portarono La leggenda di Korra ad essere tolto dal palinsesto tv e spostato sul web perché non più considerabile uno show per bambini. Ovviamente ATLA non sarebbe ATLA senza la scelta stilistica e il design dei personaggi, le ambientazioni, le inquadrature ecc. La direzione artistica ha fatto tutto il possibile per dare vita a questo universo fantastico. I combattimenti sono resi come vere e proprie coreografie, non peccano di dinamica e di coerenza (ogni dominio di base si ispira ad un diverso stile di arti marziali, tai chi per il dominio dell’acqua, hung gar per il dominio della terra, bei shaolin per il domino del fuoco e ba gua per il dominio dell’aria, stili di combattimento in cui si rispecchiano anche le filosofie dietro ogni dominio), il tutto accompagnato da una colonna sonora memorabile. È certo sia la serie animata occidentale in cui è stata posta la maggior cura nella rappresentazione delle arti marziali. Scene che ti tengono incollato allo schermo con il fiato sospeso, come nel caso dell’ultimo Agni Kai, ricordato nella storia dell’animazione come una delle più belle scene di combattimento mai realizzate.
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Si tratta di un’opera che si adatta ad un vasto pubblico, seppur – come già accennavo – sia considerata per bambini. È infatti piena di scenette comiche e di personaggi che un pubblico infantile potrebbe facilmente trovare carini (come appunto il bisonte Appa e il lemure Momo). Fatto sta che non lo è, fin dall’inizio. Da subito cominciamo a conoscere una storia di tirannie e violenze. La Nazione del fuoco stermina intere popolazioni, uccide senza remore la madre di Katara e Sokka, e la giovane ragazza sarà divorata dal desiderio di vendetta tanto da braccare l’uomo colpevole del suo omicidio. Il principe esiliato Zuko viene menomato, umiliato e sfruttato dal suo stesso padre. Seppur non ci siano scene effettivamente cruente, la violenza è palese, si vede non solo nelle azioni, ma anche nel modo in cui i personaggi crescono a causa di essa. Si parla di guerra, di sfruttamento, di lutto, di crudeltà e di tante altre delicatissime tematiche. Comunque, lo humor ricopre un ruolo fondamentale, è fantastico, mai eccessivo e arriva sempre al momento giusto. Ci sono diversi “tormentoni” subdoli che sarà un piacere notare negli episodi (come il venditore di cavoli con il suo carretto, le continue battute di Toph sulla sua disabilità o Iroh e il suo tè). Molte delle scenette comiche sono apprezzabili anche dagli adulti.
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Sebbene ci sia una guerra in corso ed un nemico ben definito da dover sconfiggere, durante la loro avventura la Gaang (il gruppo di Aang) si troverà di fronte un gran numero di “cattivi”, nessuno uguale all’altro. Non ci troviamo di fronte solamente megalomani che vogliono sottomettere tutti i popoli al proprio potere. Tra la schiera di persone da affrontare anche persone apparente amiche, che condividono gli stessi obiettivi dei protagonisti. Ci sono assassini senza scrupoli che non si fermerebbero neanche davanti ad un ragazzino di 12 anni, ma anche manipolatori sadici in grado di approfittare e sfruttare i propri familiari. Va detto che sì, i bambini assimilano tutto, ma non tutte le emozioni che muovono i personaggi sono sempre comprensibili ai più giovani, l’ho provato sulla mia pelle. ATLA è un cartone che ho cominciato a guardare nel 2008/2009 e con tutto che avevo 16 anni a colpirmi erano solo i combattimenti e la simpatia di alcuni personaggi, non mi soffermavo a pensare più di tanto alle sotto-trame, alla complessità della caratterizzazione e delle singole storie di cui il prodotto era composto. All’ultima visione (durante questa quarantena) mi sono venuti gli occhi lucidi ad alcune scene, ora la storia di Iroh mi scuote e se casualmente mi capita di sentire Leaves from the vine mi scende anche una lacrima.
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Ci sarebbe molto altro da dire, ma credo sia abbastanza, forse pure troppo. Quindi concludo dicendo che sto ancora aspettando i DVD italiani. Quelli di Korra sono usciti, li ho e non è giusto. Non è. GIUSTO. che non ce ne siano di ATLA.
Edited by Yama e bbasta - 16/1/2021, 22:20
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